Il sistema previdenziale italiano è una giungla. Dalle pensioni alle prestazioni assistenziali, ci si perde in mille regole di cui abbiamo ormai perso ogni percezione e mettere ordine a tutto è diventata impresa impossibile.

Sul tavolo del governo c’è la riforma pensioni e un confronto con i sindacati che non sembra finire mai. Fra rinvii e sospensioni, non si trova una quadra e semplificare il sistema è più difficile che complicarlo ulteriormente.

La riforma pensioni perfetta none esiste

Una riforma perfetta delle pensioni, d’altronde, è impossibile.

Tuttavia ci sono punti che meritano di essere presi in considerazione per riordinare il sistema e renderlo il più possibile equo e sostenibile. Soprattutto per i giovani lavoratori.

Uno fra tutti è quello di eliminare l’aspettativa di vita agganciata all’età pensionabile. La riforma Fornero ha infatti agganciato l’età anagrafica alla longevità della popolazione creando però disparità di trattamento e difficoltà enormi a mantenere i cittadini al lavoro per troppo tempo.

Altro aspetto particolare da considerare sarebbe quello di istituire una pensione di garanzia per i giovani lavoratori che non hanno, a differenza dei predecessori, il trattamento minimo di pensione.

Così come, sempre per i giovani, l’implementazione della pensione integrativa con benefici fiscali maggiori di quelli attuali. In modo da rendere più conveniente destinare il TFR alla previdenza complementare.

Le uscite anticipate

Riguardo all’età pensionabile, posto che 67 anni possa essere considerata la soglia limite (non oltre) per la pensione di vecchiaia, andrebbe riformata l’uscita anticipata. 41 anni di contributi per tutti è più che sufficiente. Come chiedono i sindacati.

Per il resto, andrebbe introdotta la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro a 62 anni con leggera penalizzazione per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 di età. Mantenendo al contempo il regime di calcolo misto fino a esaurimento naturale nel 2035.

Allo stesso tempo andrebbero tutelate maggiormente le donne, ma non con Opzione Donna che ha già suscitato troppe polemiche per il taglio degli assegni.

Bensì facendola rientrare nelle pensioni anticipate a partire dai 62 anni ma con minore penalizzazione rispetto agli uomini. Anche e soprattutto in presenza di figli.