Continua a diminuire la popolazione italiana. Al 1 gennaio 2021 i residenti nel nostro Paese ammontano a 59,258 milioni, 384.000 in meno su base annua. I dati sono stati diffusi dall’Istat.

L’Istituto nazionale di statistica  ha precisato che nel 2020 la pandemia da Covid-19 ha prodotto effetti non soltanto, per quanto prevalentemente, sulla mortalità ma anche sulla mobilità residenziale interna e con i Paesi esteri, arrivando a incidere persino sui comportamenti riproduttivi (nell’ultimo mese dell’anno) e nuziali.

Istat, 18 per cento morti in più

Ne scaturisce un quadro globale, già di per sé fortemente squilibrato da dinamiche demografiche deboli sul versante del ricambio della popolazione.

Un quadro  nel quale le stesse problematiche risultano accentuate e moltiplicate.

Nel 2020 le nascite risultano pari a 404.000 mentre i decessi raggiungono il livello eccezionale di 746.000. Ne consegue una dinamica naturale (nascite-decessi) negativa nella misura di 342.000 unità.

In base alle stime, al 1 gennaio 2021 gli stranieri residenti nel Paese ammontano a 5 milioni 36 mila, in calo di 4.000 unità (-0,8 per mille) rispetto a un anno prima.

Le variazioni di residenza

Gli effetti del lockdown hanno poi determinato inevitabili ripercussioni sul versante dei trasferimenti di residenza. Le iscrizioni dall’estero sono state 221.000 e le cancellazioni 142.000. Ne deriva un saldo migratorio con l’estero positivo per 79.000 unità, il valore più basso degli anni 2000 e in grado di compensare solo in parte l’effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale.

Per quanto riguarda la mobilità interna si rileva una riduzione del volume complessivo di circa il 12%. Sono 1,308 milioni i trasferimenti registrati tra i Comuni italiani nel 2020 contro 1,485 milioni dell’anno precedente. Infine, le ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi (saldo per altri motivi) comportano un saldo negativo per ulteriori 121.000 unità.

Popolazione residente in calo

Il riflesso di tali andamenti comporta un’ulteriore riduzione della popolazione residente, scesa al 1 gennaio 2021 a 59,258 milioni.

Ininterrottamente in calo da 7 anni consecutivi, e specificamente dal 2014 quando raggiunse la cifra record di 60,3 milioni di residenti, l’ammontare della popolazione registra nel 2020 una riduzione di 384.000 unità sull’anno precedente (-6,4 per mille residenti).

Con l’eccezione del Trentino-Alto Adige, dove si registra una variazione annuale della popolazione pari a +0,4 per mille, tutte le regioni sono interessate da un decremento demografico. Il fenomeno colpisce maggiormente il Mezzogiorno (-7 per mille) rispetto al Centro (-6,4) e al Nord (-6,1). Molise (-13,2) e Basilicata (-10,3) sono le regioni più colpite; tra quelle del Nord spiccano Piemonte (-8,8), Valle d’Aosta (-9,1) e soprattutto Liguria (-9,9).

Scendendo di un livello nell’analisi territoriale, la provincia di Isernia è quella che evidenzia la situazione maggiormente critica, per via di un tasso di variazione che in un anno le sottrae circa l’1,5% della popolazione. Sono comunque numerose, e concentrate nel Nord-ovest, le province che nel 2020 perdono almeno l’1% della popolazione. In particolare, le province di Vercelli, Asti, Alessandria e Biella in Piemonte; le province di Savona e Genova in Liguria, quelle di Pavia e Cremona in Lombardia.

Nel Centro del Paese soltanto la provincia di Macerata si trova nelle medesime condizioni mentre nel Sud, oltre alla citata Isernia, figurano anche le province di Benevento, Avellino, Campobasso, Potenza e Crotone. Nelle Isole, infine, il decremento demografico interessa le province di Caltanissetta, Enna, Nuoro e Oristano. La provincia di Bolzano (+2 per mille), al contrario, è l’unica a vantare un saldo demografico positivo.

Aspettativa di vita in calo

Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d’età, che ha dato luogo a 746.000 decessi (il 18% in più di quelli rilevati nel 2019), la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione.

La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019.

Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. La pandemia causa almeno 99.000 decessi in più di quanto atteso, di cui 53.000 uomini e 46.000 donne, a riprova che la pandemia ha prevalentemente colpito il genere maschile.

Nascite a picco

Il 2020 segna l’ennesima riduzione delle nascite che sembra non aver fine. Nel volgere di 12 anni si è passati da un picco relativo di 577.000 nati agli attuali 404.000, ben il 30% in meno. La riduzione della natalità interessa tutte le aree del Paese, da Nord a Sud, salvo rare e non significative eccezioni.

Un effetto indiretto ma immediato della pandemia si è già verificato riguardo ai processi di formazione delle coppie. Secondo i primi dati provvisori, nel 2020 sono stati celebrati circa 97.000 matrimoni, il 48% in meno dell’anno precedente, per un tasso di nuzialità che crolla dal 3,1 per mille all’1,6 per mille.

Considerando quanto ancora oggi vi sia uno stretto legame tra matrimonio e le intenzioni riproduttive nel breve periodo, non vi è dubbio che anche questo fattore eserciterà una spinta negativa sulle nascite del 2021 e forse anche in seguito.

Con un numero medio di figli per donna analogo a quello del 2003, che tuttavia si collocava in un momento storico di ascesa della fecondità, avere figli rappresenta sempre più una scelta posticipata e, in quanto tale, ridotta rispetto a quanti idealmente se ne desiderano.