Un altro anno è passato, fra ulteriori tagli alle pensioni anticipate e mancate promesse di riforma. Quota 41, cioè la pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, non ha ancora preso forma. Ma resta un obiettivo raggiungibile e perseguibile da parte di governo e sindacati. Resta ancora da capire quando si potrà fare.

Al momento questa possibilità è concessa solo ai lavoratori precoci e a chi rientra nei requisiti previsti per Quota 103. Ma con 62 anni di età. Secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, però, avendo tagliato molto sulle uscite anticipate (Opzione Donna e Ape Sociale in particolare), adesso bisogna fare di tutto per dare la possibilità ai lavoratori di uscire dopo 41 anni di sacrifici e contributi versati.

E’ una questione di dignità sociale.

In pensione con Quota 41, lo chiede anche la Scuola

Fa eco a Durigon anche l’Anief, l’Associazione nazionale degli insegnanti che, per bocca del suo presidente Marcello Pacifico, fa notare quanto il comparto risulti oggi estremamente penalizzato. Da anni l’associazione chiede che sia riconosciuta al personale docente la possibilità di uscire al raggiungimento dei 63 anni di età e che la pensione sia calcolata al pari di quanto avviene per gli appartenenti alle forze armate e dell’ordine. Con la possibilità, per chi intende rimanere, di occuparsi di mestieri diversi dalla didattica.

Il risultato è che, finora, il comparto Scuola in Italia risulta fra i più vecchi d’Europa con un’età media che sfiora i 54 anni di età. Manca anche la possibilità di agevolare un adeguato svecchiamento della pubblica amministrazione e un ricambio generazionale che tarda sempre più ad arrivare rendendo l’Italia uno dei paesi più vecchi, in questo senso.

C’è poi il burnout. Quotidianamente il perosonale docente è sottoposto a stress e carichi di lavoro che la legge non riconosce loro come usuranti. Solo per talune categorie di insegnanti (quelli delle scuole primarie) è riconosciuta la possibilità di accedere ad Ape Sociale, ma per tutti gli altri no.

Un’ingiustizia, perchè il lavoro svolto è lo stesso.

Si va verso il ricalcolo contributivo

Quota 41 è quindi un’opzione che potrebbe soddisfare molto anche gli insegnanti. Resta però da vedere se questa riforma si farà o meno in grazia di Dio. Il disegno del governo è infatti quello di proseguire con i tagli alle pensioni anticipate per non pesare troppo sul bilancio Inps in previsione di una valanga di pensionamenti in arrivo (baby boomers).

E’ quindi in cantiere la riforma che concederebbe l’uscita a tutti con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, ma con il ricalcolo contributivo della pensione. Il che sarebbe penalizzante per tutti. Opzione che finora non è stata ancora accolta con favore dai sindacati, ma è sul tavolo del ministro del Lavoro Elvira Calderone già da tempo.

In via sperimentale la strada pare, però, già tracciata. Già oggi è possibile uscire dopo 41 anni di lavoro con Quota 103. Essa prevede appunto il possesso di 41 anni di contributi, ma solo se si hanno almeno 62 anni di età. E, secondo le previsioni, saranno in pochi a scegliere questa opzione per andare in pensione.

Sicché, l’ipotesi allo studio per il 2025 sarebbe quella di concedere liberamente la pensione con 41 anni di contributi a patto che si scelga il regime di calcolo contributivo dell’assegno. Come avviene anche per Opzione Donna. Quindi occorrerà accettare la migrazione dei contributi versati prima del 1996 nel nuovo sistema di calcolo che naturalmente risulterà più penalizzante.

Riassumendo…

  • Tutti in pensione con Quota 41 dal 2025, ma solo col sistema di calcolo contributivo.
  • Anche il mondo della scuola chiede a gran voce una riforma per svecchiare il corpo docente.
  • La pensione contributiva on Quota 41 sarebbe penalizzante