La riforma pensioni con Quota 41 non è stata abbandonata dopo l’ultima legge di bilancio. Una delle ipotesi sul tavolo più accreditate è quella che consentirebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi, senza limiti di età. Questa idea è fortemente sostenuta dalla Lega e da alcuni sindacati, come la Cisl, che la considerano una misura di flessibilità in favore dei lavoratori.

Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha recentemente spiegato che il dicastero è al Lavoro per trovare una soluzione che consenta a tutti di lasciare il lavoro dopo 41 anni di sacrifici.

Questo è un limite oltre il quale non si dovrebbe andare per consentire l’uscita dei lavoratori indipendentemente dall’età anagrafica. Sul punto si esprimono ancora una volta con favore i sindacati. Ma come far quadrare esigenze di bilancio Inps con uscite anticipate di questo tipo?

Quota 41 nella riforma pensioni, ma solo col ricalcolo contributivo

Nel corso del 2023, il governo Meloni aveva proposto una versione della Quota 41 che prevedeva un ricalcolo dell’assegno pensionistico, in modo da renderlo più sostenibile per le casse dell’Inps. Questa soluzione ha incontrato il favore di alcuni sindacati, ma altri hanno espresso perplessità, ritenendo che il ricalcolo possa comunque portare a una riduzione dell’importo della pensione.

Le trattative tra governo e sindacati sono ancora in corso e non è ancora chiaro quale sarà la soluzione finale. Tuttavia, Quota 41 è una delle ipotesi più concrete sul tavolo e, se dovesse essere approvata, potrebbe avere un impatto significativo sul sistema pensionistico italiano. Già oggi è possibile uscire con questa opzione, si chiama Quota 103 che è cambiata rispetto a un anno fa e prevede appunto il possesso di 41 anni di contributi, ma limitatamente a 62 anni di età.

Sicché, l’ipotesi allo studio per il 2025 sarebbe quella di concedere liberamente la pensione con 41 anni di contributi a patto che si scelga il regime di calcolo contributivo dell’assegno.

Come avviene adesso per Quota 103. Quindi occorrerà accettare la migrazione dei contributi versati prima del 1996 nel nuovo sistema di calcolo che naturalmente risulterà più penalizzante.

Vantaggi e svantaggi di Quota 41

Quota 41 ha diversi pro e contro. I vantaggi sono sostanzialmente due. Questo sistema offre una maggiore flessibilità in favore dei lavoratori, che possono scegliere di andare in pensione in anticipo rispetto ai requisiti ordinari di vecchiaia. In secondo luogo, può aiutare a ridurre il problema della disoccupazione di lunga durata, in quanto consente ai lavoratori di lasciare il mercato del lavoro in età più giovane.

Per contro, Quota 41 è una misura fortemente penalizzante. Il ricalcolo contributivo della pensione per chi ha 41 anni di lavoro alle spalle avrà una ricaduta sull’importo della pensione commisurata al periodo assicurativo ante 1996. Cioè ricadente nel vecchio sistema di calcolo retributivo della pensione. Col passare del tempo, però, questo impatto sarebbe mitigato perché va a esaurirsi. Pertanto chi oggi, con 41 anni di contributi, pagherebbe tanto in termini di riduzione dell’assegno, non potrà dire lo stesso per gli anni a venire.

Solo in questo modo – dicono gli esperti – si riuscirebbe a garantire una fuoriuscita dei lavoratori con 41 anni di contributi a qualsiasi età. E senza dover caricare eccessive spese a bilancio. Ricordiamo, infatti, che la spesa pensionistica con le attuali regole è prevista nell’ordine del 16,2% del Pil per quest’anno, con tendenza a salire progressivamente nei prossimi anni.

Riassumendo…

  • Quota 41 resta una riforma fattibile, ma solo con il ricalcolo contributivo.
  • La pensione anticipata con 41 anni di contributi a prescindere dall’età potrebbe vedere la luce nel 2025.
  • Il vantaggio è costituito da maggiore flessibilità in uscita, ma per contro ci sarebbe una pensione più bassa