A quanto ammonterà la mia pensione? E’ questa la domanda che i lavoratori si pongono spesso senza trovare adeguate risposte. E più è distante l’età pensionabile, più difficili diventano le stime di calcolo della rendita futura.

Eppure un lavoratore dovrebbe sapere più o meno quanto prenderà di pensione quando lascerà il lavoro. La confusione, il continuo cambiamento delle regole e dei sistemi di calcolo di certo non aiutano. Al punto che è più facile indovinare il risultato di una partita di calcio che l’ammontare dell’assegno.

Quando si va in pensione

Di base serpeggia anche una profonda ignoranza in materia. La maggior parte degli italiani non sa quando andrà in pensione e non sa nemmeno quali sono i requisiti per potervi accedere. Ci si informa solo quando si è passata una certa età, cioè quando si comincia a fare i calcoli.

Ai giovani non interesse e nemmeno si curano di sapere come funziona il nostro sistema pensionistico. Sappiamo tutto di smartphone, vacanze e automobili, ma restiamo ignoranti in fatto di pensioni. Forse è anche giusto così, ma poi al momento opportuno non dobbiamo prendercela con l’Inps o con lo Stato se qualcosa non torna.

Così se solo un lavoratore su due sa quali sono i requisiti anagrafici per andare in pensione, meno del 20% di loro sa quanto prenderà di assegno. La maggior parte pensa di ottenere una pensione di almeno 1.000 euro con uno stipendio da operaio o impiegato. Altri credono che l’Inps riconoscerà loro circa 75% dell’ultima busta paga. Solo un uno su cinque sa che le cose non stanno proprio così

Quanto si prenderenditaaaa?

E veniamo al dilemma più atroce: quale sarà la pensione futura? Per anni siamo stati abituati a calcolare le pensioni come se fossero un prolungamento ridotto dello stipendio. Questo ragionamento andava bene per chi versava contributi prima del 1996 nel sistema retributivo (più vantaggioso) o comunque poteva vantare coperture assicurative ampie prima di quella data.

Fino a qualche anno fa le pensioni di vecchiaia erano quindi di poco inferiori all’ultima busta paga. Oggi il sistema di calcolo misto, cioè in parte retributivo e in parte contributivo, l’assegno si è ridotto di parecchio. E lo sarà ancora di più quando entrerà a regime il sistema contributivo puro.

A conti fatti, una pensione di vecchiaia a 67 anni liquidata nel sistema contributivo con 40 anni di versamenti renderà circa il 63% dell’ultimo stipendio. Il calcolo è approssimativo in quanto le variabili che entrano in gioco sono molte, a cominciare dalla rivalutazione del montante contributivo e dei coefficienti.

Pensioni da fame per i giovani

Il 63% dell’ultimo stipendio non è però lo scenario peggiore. Se la stessa persona di cui sopra andasse via dal lavoro in anticipo a 62 anni, prenderebbe circa il 50% dell’ultimo stipendio.

Per chi, invece, si ritroverà a 67 anni di età con meno di 40 anni di contributi o con vuoti previdenziali sparsi qua e là e coperture parziali, la rendita sarà anche più bassa. Inoltre, molti giovani lavoratori versano oggi nella gestione separata con aliquote mediamente più basse il che rende il calcolo della pensione futura ancora più magro.

Al punto che si sta seriamente pensando di introdurre una rete di protezione sociale costituita da pensioni di garanzia. Una sorta di minimo vitale che consenta ai futuri pensionati di non sprofondare sotto la soglia di povertà. Un esempio potrebbe essere costituito dalla pensione di cittadinanza, da rendere strutturale nel tempo.