Oltre a superare quota 100, occorre introdurre una pensione di garanzia per i giovani lavoratori e precari. La diffusione sempre più frequente di lavori discontinui, part time o a tempo determinato rende necessario intervenire a tutela di giovani e donne.

L’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo puro, poi, non permette nemmeno il diritto all’integrazione al trattamento minimo di pensione per i giovani lavoratori. Si tratta di un passaggio fondamentale della vecchia riforma Dini del 1995 che si farà sentire su chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi.

Una pensione di garanzia per i giovani

In mancanza di un cuscinetto che permetta di ottenere il minimo vitale, è necessario ripristinare adeguate garanzie per i giovani. Una pensione di garanzia, quindi, un minimo vitale. I sindacati chiedono, pertanto

la creazione di una pensione di garanzia contributiva, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati. Una penione che consideri e valorizzi previdenzialmente anche i periodi di disoccupazione, di formazione e di basse retribuzioni,per assicurare a tutti un assegno pensionistico dignitoso, anche attraverso il ricorso alla fiscalità generale.

In considerazione della rapida diffusione dei lavori discontinui, part-time o poveri, cose che coinvolgono in particolare i più giovani e le donne, è necessario che si intervenga anche sul fronte previdenziale. Serve quindi una pensione di garanzia minima per evitare in futuro una emergenza sociale devastante. Un futuro non tanto lontano, perché ormai sono sempre di più i giovani che non possono vantare contributi prima del 1996.

Niente trattamento minimo

Quindi, il sistema di calcolo interamente contributivo, unito a rapporti di lavoro discontinui tipici del nuovo millennio, rischiano di lasciare i giovani d’oggi senza pensione. O comunque con in mano un assegno al di sotto del minimo vitale previsto oggi per chi ha diritto alla pensione col sistema misto.

Pertanto è necessario trovare le risorse per garantire una pensione di garanzia, al pari del trattamento minimo (515,58 euro) per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. È essenziale investire sulle nuove generazioni, vera risorsa per il futuro del Paese al fine di garantire a tutti la possibilità di svolgere un percorso di crescita personale, sociale, culturale e professionale.

A tal fine, l’idea suggerita dai sindacati sarebbe quella di trasformare la pensione di cittadinanza in pensione di garanzia. Cioè legare il trattamento pensionistico ai coefficienti patrimoniali e a bisogni sociali del richiedente.

Giovani di oggi senza pensione domani

Non vi sono ancora dettagli su come intervenire, ma è chiaro che i nati dopo il 1970 sono quelli più penalizzati e interessati alla pensione di garanzia. Primo perché difficilmente potranno raggiungere il minimo contributivo di 20 anni per avere diritto alla pensione se non al compimento di 70 anni. Secondo perché peseranno i periodi di vuoto contributivo dovuti alla precarizzazione del lavoro e alla mancanze di garanzie.

L’attuale sistema pensionistico si rivela inadeguato a garantire una pensione minima vitale e così anche in caso di invalidità o pensione ai superstiti. Ragione per la quale, bisogna iniziare a intervenire per istituire la pensione di garanzia.