Lunedì si terrà un nuovo incontro fra governo e sindacati per definire il quadro della riforma pensioni. Al momento tutto appare ancora incerto e nulla è ancora stato definito, ma qualcosa si sta delineando.

Il punto cardine intorno al quale ruota la riforma pensioni è l’equilibrio di bilancio. Nuove anticipazioni di pensione – come ha detto il premier Draghi – non potranno più essere fatte a debito.

Tutti in pensione a 63 anni nel 2023?

Purtroppo le varie ipotesi fin qui formulate da esperti e sindacati non collimano con le direttive di governo.

Resta quindi da valutare se è possibile potenziare le forme di pensione anticipata già esistenti.

Una su tutte e che non dispiace a nessuno è Ape Sociale. Il governo lo scorso anno ha proposto con successo l’allargamento della platea dei beneficiari a più categorie di lavoratori. Perché allora non proseguire su questa strada consentendo di andare in pensione a 63 anni?

Nel 2022 si è agito in particolare sulla leva dei lavori usuranti, inserendo nella lista degli aventi diritto nuove categorie. Per il futuro si potrebbe quindi allungare ulteriormente la lista abbracciando più classi di lavoratori.

Del resto la nuova lista dei lavori gravosi aggiornata nel 2021 dalla Commissione Damiani comprende ben 92 mansioni per ordine di importanza. E a oggi solo un terzo di queste può rientrare in Ape Sociale.

Più flessibilità per evitare la Fornero

Non è quindi da escludere che nella prossima riunione del 7 febbraio fra governo e sindacati si possa prende seriamente in esame questa possibilità. Anche per evitare che le alternative, che prevedono tagli profondi alle pensioni anticipate, creino scontento generale.

Ape Sociale potrebbe quindi diventare la nuova forma di pensionamento anticipato a 63 anni per tutti, anche se con accorgimenti e maggiore flessibilità. In pratica, agendo sul requisito contributivo, si potrebbe permettere una uscita scaglionata dal lavoro in base alle mansioni svolte.

Pertanto, posto che a un lavoratore edile bastino 32 anni di lavoro per andare in pensione a 63 anni, a un camionista ne potrebbero servire 36 e a un docente di scuola media 38.

Insomma una scaletta di valori che tenga conto del grado di usura del lavoro svolto e che non sia uguale per tutti.