I fondi pensione sono in difficoltà. Inutile nascondere la verità ai lavoratori dopo quello che è successo in Gran Bretagna lo scorso mese di ottobre. Gestori, banche e assicurazioni, non lo dicono, ma i problemi sulle gestioni patrimoniali sono saltati fuori come funghi con l’esplosione dell’inflazione.

Allo studio del governo ci sarebbe una tassazione più leggera sui fondi pensione allo scopo di incentivare i lavoratori ad aderire alla previdenza complementare. Una mossa che andrebbe ad aggiungersi a quella già varata dal governo Draghi sul silenzio assenso per il conferimento del Tfr dei lavoratori pubblici ai fondi pensione negoziali.

Verso una tassazione agevolata sui fondi pensione

Insomma, il quadro che emerge non è dei più rassicuranti se banche e assicurazioni chiedono allo Stato incentivi per spingere i lavoratori ad sottoscrivere fondi pensione. Operazione ben oliata dalla propaganda negativa sulle pensioni pubbliche future che saranno sempre più basse e non permetteranno di vivere serenamente.

Ma di che tipo di tassazione si parla? Ebbene il tema era già all’attenzione del governo Draghi, ma dopo i fatti di ottobre accaduti in Gran Bretagna e che i media hanno abilmente messo subito a tacere, c’è stata una accelerazione in sordina.

In altre parole, il governo Meloni punta ad alleggerire la tassazione attualmente presente sui fondi pensione per consentire al lavoratore di ottenere una rendita migliore al momento del riscatto. Il prelievo fiscale applicato attualmente sulla rendita delle forme integrative è del 15%, e scende al 9% solo se si versa per almeno 35 anni.

Nelle intenzioni dell’esecutivo l’asticella dovrebbe scendere di almeno il 2-2,5%. Sarà poi valutata con attenzione la richiesta dei sindacati di avviare una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr alla previdenza complementare.

Il bicchiere è mezzo vuoto

E fin qui ci faranno vedere il bicchiere mezzo pieno. Perché è del tutto evidente che le gestioni dei fondi pensione stanno andando male.

Se si escludono le linee monetarie, tutto il resto segna rosso al punto che molti lavoratori si sarebbero pentiti di non aver lasciato i soldi nel Tfr.

Da gennaio a settembre – secondo i dati della Commissione vigilanza sui fondi pensione, Covip – le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,1 milioni, in crescita di 410.000 unità (+4,2 per cento) rispetto alla fine del 2021.

Ma a fronte di un incremento dei lavoratori iscritti, i rendimenti sono risultati negativi. I fondi pensione negoziali hanno perso il 10,6%, mentre quelli aperti il 12,2%. Per i piani individuali pensionistici di ramo III le perdite sono state addirittura del 12,4%. Nel complesso il patrimonio dei fondi è sceso del 5,1%, cioè di 10,9 miliardi di euro. Non poco.

E questo è nulla se si pensa che i capitali che sono andati in fumo sono stati raccolti in più di 6 anni di attività. Quindi chi ha destinato quote del Tfr nei fondi pensione fino al 2016 non ha guadagnato nulla. Chi lo ha fatto dopo, ha perso soldi. Mentre il Tfr avrebbe garantito un piccolo guadagno, in linea con l’inflazione.

La verità nascosta

La verità è che i fondi pensione sono una fregatura. Ma anche per i contribuenti in generale. Nel lungo periodo i soldi investiti nelle forme negoziali o aperte possono offrire anche vantaggi con le linee obbligazionarie e azionarie, ma il rischio che si corre è troppo elevato per via dell’andamento incerto dei mercati. Le linee monetarie, invece, possono pareggiare il rendimento del Tfr (1,5% all’anno + 0,75% del tasso d’inflazione), ma poi i costi di gestione si mangiano parte dei profitti. E se poi le cose dovessero andar male perché i gestori non hanno lavorato bene o investito male?

In Gran Bretagna la Banca d’Inghilterra è dovuta intervenire per sostenere i prezzi dei titoli di Stato di cui i fondi pensione inglesi sono pieni zeppi.

I gestori sono infatti corsi a vendere Gilt per rientrare dai margini fatti con operazioni sui derivati appositamente messe in piedi per investire soldi che non avevano. Il tutto allo scopo di non disattendere le promesse fatte ai lavoratori sul rendimento delle pensioni integrative coi tassi al lumicino fino allo scorso anno.

A pagare il conto di questo disastro saranno ora tutti i cittadini inglesi che dovranno coprire un buco da 55 miliardi di sterline. Il carico fiscale diventerà il più pesante dal dopoguerra, salendo dal 36,4% di quest’anno per arrivare al 37,5% del Pil nel 2024. Le imposte societarie aumenteranno come dal 19% al 25% l’anno prossimo. Così come le tasse sui profitti straordinari delle imprese del settore energia che passeranno dal 25% al 35% nel 2023.

In Italia le cose non vanno esattamente così, ma ci si chiede anche se la Covip, l’organismo deputato a vigilare sull’operato dei fondi pensione faccia realmente il suo dovere. Visto che i rendimenti sono crollati e ora si cerca disperatamente di raccogliere altri soldi dai lavoratori per far quadrare i conti.