Tutti i soldi delle tasse servono davvero a garantire servizi? L’insoddisfazione e la frustrazione dei contribuenti non si deve solo al fatto che la pressione fiscale è percepita come eccessiva ma anche, e forse soprattutto, alla sensazione di essere vittime di ingiustizia perché le entrate fiscali non vengono investite in servizi. Vi siete mai chiesti dove finiscono veramente i soldi delle tasse? In un’ottica di Fisco Amico, portando dunque avanti quello che è un progetto mirante a migliorare i rapporti tra ente che riscuote e contribuente pagante, l’Agenzia delle Entrate si è impegnata a spedire una lettera l’anno prossimo in cui darà, a chi paga le tasse, tutte le spiegazioni del caso.

A darne conferma ufficiale è stato il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, durante il convegno di Rete imprese Italia sulla burocrazia: “ è necessario far comprendere questi soldi dove arrivino», per macro voci (come sanità o istruzione)” aggiungendo che questo è anche un modo alternativo per sensibilizzare gli italiani all’educazione civica spesso carente. Facendo un esempio pratico: “hai pagato 10 mila euro, bene, lo Stato li ha spesi in questo modo”.

Ma quanto paghiamo di tasse? Facciamo i conti

Di certo quella di pagare molte tasse non è solo una sensazione. Per stabilire poi se queste sono “troppe” sarebbe sicuramente utile sapere in che modo vengono spesi i soldi delle tasse e, quindi, se il sacrificio che viene chiesto ai contribuenti corrisponde in modo proporzionale a servizi di cui usufruiscono. Perché limitarsi ad accusare le amministrazioni, o ancora più genericamente, i politici che “mangiano con i soldi delle tasse” significa cadere nel populismo facile.
Una ricerca sui costi della PA presentata dal ministro Marianna Madia rileva come per le PMI in media il costo della burocrazia pesa (considerando costi diretti e tempo perso e quindi sottratto all’attività lavorativa) fino al 40% dei profitti.

Secondo le stime infatti quasi un quarto delle imprese perde 20 ore al mese per assolvere agli adempimenti burocratici. Come ha commentato, non senza amarezza, il presidente di Rete imprese Italia Carlo Sangalli «è un prezzo che nessuna impresa merita di pagare». Guardando il mercato e l’importo delle tasse a carico delle imprese più da vicino, il settore più colpito appare essere quello della ristorazione (11.124) contro una media di 7900 euro l’anno. Alcune oscillazioni si osservano anche tra le regioni (a Roma la media è superiore agli 8 mila euro mentre a Milano si aggira sui 7500).

Difficilmente, una lettera di questo tipo da parte dell’Agenzia delle Entrate potrà servire a colmare tutte le mancanze ma innegabilmente rappresenta un passo importante verso un’ottica di semplificazione del Fisco troppo spesso percepito come un sistema che si accanisce contro i contribuenti chiedendo (o spremendo?) senza dare nulla in cambio o offrendo poco.