La riforma pensioni è stata rinviata al prossimo anno. Intanto si proroga Ape Sociale e Opzione Donna che non pesano sul bilancio dello Stato. Ma l’obiettivo del governo è quello di riportare il sistema pensionistico nei ranghi.

Cioè eliminare le pensioni anticipate e non farne altre, se non con penalizzazione. Da più parti, infatti, si sta spingendo per anticipare l’entrata a regime del sistema di calcolo contributivo, previsto per il 2035.

Riforma pensioni ed elezione Presidente della Repubblica

Il premier Mario Draghi ha abilmente avviato un tavolo negoziale con le parti sociali per avviare una riforma strutturale delle pensioni.

I lavori dovrebbero concludersi a marzo 2022 con lo scopo di rivedere le regole Fornero.

Fumo negli occhi, dicono gli esperti, che ravvisano in questa mossa un abile tentativo per prendere tempo e rimescolare le carte. A febbraio ci sarà infatti l’elezione del nuovo Capo dello Stato e se Draghi fosse eletto, lascerebbe la guida del governo.

Difficilmente le forze politiche troveranno un’altra figura carismatica tale da tenere insieme l’attuale maggioranza. Si andrebbe quasi sicuramente a elezioni anticipate con la terribile conseguenza che il lavoro svolto dal tavolo negoziale resti congelato.

Verso le rendite contributive

In questo caso resterebbero in piedi solo le regole Fornero e quota 102 (in pensione a 64 anni con 38 di contributi), ma solo fino a fine 2022. Una eventuale nuova maggioranza non farebbe in tempo ad approvare la riforma pensioni.

Nel frattempo il tempo è tiranno e i desideri velleitari dei sindacati andranno a spegnersi. Le uscite anticipate, del resto, non potranno più essere erogate se non con il sistema di calcolo contributivo puro.

Già circola l’ipotesi di allargare la platea dei beneficiari con pensionamento a 64 anni a patto che optino per il calcolo della pensione interamente col sistema contributivo. Come avviene già per Opzione Donna.

In alternativa, l’Inps preme per il pensionamento anticipato a rate: una parte della pensione a 63 anni per la parte maturata nel sistema contributivo e un’altra parte della pensione a 67 anni per la parte maturata restante nel sistema retributivo.