Finanziare le pensioni attraverso… le pensioni. Un’idea concettualmente complessa ma solo in apparenza. Perché le prime indiscrezioni circa la prossima Manovra hanno tirato in ballo, indirettamente, proprio i redditi di chi è già pensionato.

Il sistema previdenziale poggia interamente sulla base della contribuzione ordinaria dei lavoratori. Ossia, il pagamento delle pensioni avviene semplicemente calcolando quanto, nel corso di un’intera vita lavorativa, il contribuente abbia versato nelle casse dello Stato, fornendo un apporto costante per il welfare del proprio Paese.

Una procedura sostanzialmente ordinaria ma che, a ben vedere, si estende su un lasso temporale estremamente lungo, nell’ordine dei 30-40 anni di servizio.

Questo per dire quanto l’ottenimento di un trattamento pensionistico sia un traguardo difficile da raggiungere, a meno che le condizioni lavorative non ne favoriscano l’accesso attraverso precise agevolazioni. Un tema che, negli ultimi giorni, ha alimentato il dissenso da parte delle sigle sindacali, tutt’altro che propense ad assistere a una Legge di Bilancio che, pur non prospettando grosse novità in termini previdenziali, potrebbe addirittura attingere dai redditi dei pensionati.

L’ipotesi rivalutazione

Ad alzare gli scudi, in particolare, è stato il segretario generale della Fnp Cisl, Emilio Didonè, in merito al possibile intervento sulle rivalutazioni delle pensioni, la cui voce circola ormai da alcuni giorni. Una strategia che, dal sindacato, è vista alla stregua di un prelievo sui redditi di coloro che sono già in pensione. Ai quali, di fatto, sarebbe demandata la responsabilità di finanziare in parte la Manovra in procinto di essere discussa. Ancor peggio perché, come spiegato da Didonè in una nota, non si tratta di pensioni elevate ma di assegni che vanno dai 2.300 ai 2.500 euro lordi al mese a fronte di decenni di contribuzione. Anzi, il segretario generale parla apertamente di “una pratica iniqua” che utilizza “i pensionati come bancomat” per coprire “falle nei conti pubblici”.

Pensioni pagate dai pensionati? Cosa sta succedendo davvero

Non è un mistero che la rivalutazione delle pensioni sia allo studio del Governo. Del resto, si tratta di una pratica di routine, che adegua i trattamenti percepiti al tasso di inflazione. Con l’obiettivo di bilanciare la capacità di spesa con l’effettivo costo della vita. Per il 2024, il punto di partenza sarà l’inflazione media del 2023 (8,1%), con la prerogativa di recuperare poi la differenza. Una strategia che, però, a seconda dell’indice di perequazione applicato, può favorire alcuni pensionati a discapito di altri.

Questo perché le percentuali applicate agiscono in modo maggiore su alcune fasce reddituali piuttosto che sulle altre, creando potenzialmente degli squilibri (sia pure leggeri) tra un trattamento e l’altro. Anzi, in alcuni casi, gli assegni potrebbero restare sostanzialmente invariati, se non per poche decine di euro. Lo scorso anno, attraverso il ritocco sulla perequazione utilizzata per le rivalutazioni delle pensioni, il Governo aveva messo in cassa circa 10 miliardi di euro netti, da riutilizzare per il triennio successivo. Al momento, alla voce risparmio se ne contano circa 4, ritenuti tuttavia insufficienti.

Il “no” dei sindacati

In sostanza, si potrebbe procedere a un ulteriore ritocco sugli scaglioni applicati. Così da ridurre le uscite e indirizzare parte di quanto risparmiato nelle nuove misure pensionistiche. Che, senza una vera riforma pensioni, come visto, per il 2024 non vedranno particolari novità, se non il rifinanziamento di quelli esistenti, magari con qualche aggiustamento. In sostanza, per il finanziamento delle nuove pensioni, è l’obiezione dei contrari, a pagare potrebbero essere i pensionati stessi.

Per questo dalla Fnp-Cisl insistono sulla “rivalutazione piena di tutte le pensioni per garantire la tutela del loro potere di acquisto e poter rispondere così all’aumento del costo della vita”. Anche perché, se il taglio fosse reale, sarebbe già il secondo anno di fila che si andrebbe ad applicare una simile logica.

Assottigliando ancora di più il reale beneficio della rivalutazione a mo’ di contrasto all’inflazione. Il sindacato ha già fatto sapere di essere pronto all’apertura di un confronto con maggioranza e opposizione. Per ragionare in primis sulla riforma, rimandata probabilmente al 2025.

Riassumendo…

  • Per il secondo anno consecutivo, il Governo potrebbe applicare tagli sulla rivalutazione delle pensioni;
  • l’obiettivo è risparmiare sulle voci di spesa in vista della Manovra. Lo scorso anno, in cassa erano rimasti 10 miliardi;
  • i sindacati premono per un confronto, ritenendo ingiusta la misura e sostenendo come le nuove pensioni sarebbero pagate da chi è già pensionato.