Nel 2021 il conto nazionale delle pensioni pagate dall’Inps è aumentato dell’1,5%, portandosi a quota 238,27 miliardi di euro. Un incremento naturale e che non compromette gli equilibri di spesa delle rendite pubbliche.

Al netto della spesa assistenziale, il sistema tiene ma per quanto ancora? Le pensioni anticipate, soprattutto quelle di Quota 100, andranno a pesare gradualmente sui conti dell’Inps negli anni. Al punto che – come a avverte il presidente Pasquale Tridico – si rischia un patrimonio negativo di 92 miliardi fra sei anni.

Gestioni pensioni attive e passive

Ma cosa pesa in particolare sui conti dell’Inps?  Nel complesso – spiega tinerari Previdenziali – le entrate contributive sono cresciute del 6,58% nel 2021, a quota 208,64 miliardi di euro. Risultato che si deve confrontare con le uscite (pensioni) aumentate dell1,5% a quota 238,27 miliardi di euro. Per un saldo negativo di 30 miliardi. Soldi che l’Inps recupera normalmente dall’avanzo di gestione degli esercizi precedenti o dai trasferimenti statali.

Nel dettaglio sono 4 le gestioni previdenziali che presentano un saldo positivo alla fine del 2021. Si tratta di quelle dei lavoratori dipendenti (11,5 miliardi), i commercianti (654 milioni), i lavoratori dello spettacolo (288 milioni) e i lavoratori della gestione separata (7,7 miliardi).

Tutte le altre gestioni sono in rosso e in particolare quella dei dipendenti pubblici il cui saldo negativo ammonta a 37,49 miliardi di euro, parzialmente mitigato da 10,8 miliardi di trasferimenti dallo Stato. Seguono in misura molto minore le gestioni dei dipendenti delle FS, i coltivatori diretti, gli artigiani e i dirigenti ex INPDAI.

Il deficit dell’Inps

In altre parole, quasi l’intero deficit annuo dell’Inps per le pensioni è dovuto al peso di dipendenti pubblici e militari. Buco in parte compensato con trasferimenti da parte dello Stato dopo l’assorbimento dell’Inpap.

L’Inps ereditò dal ex ente previdenziale dei dipendenti pubblici un buco di ben 10,27 miliardi di euro, ai quali erano stati aggiunti circa 5,8 miliardi di passivo per il solo esercizio 2012.

Un deficit che in 10 anni non è ancora stato risanato.

Ma quel che è peggio è che il disavanzo, sconquassato dalle pensioni anticipate, è destinato a non chiudersi, se non nel lungo periodo grazie alla contribuzione dei lavoratori dipendenti privati e, soprattutto, dei lavoratori iscritti alla gestione separata.

Il deficit è anche imputabile – spiega l’Inps – alla rivalutazione delle rendite in base all’inflazione. Ma anche per effetto del rinnovo innescato dalla sostituzione delle pensioni cessate con quelle di nuova liquidazione, con importi mediamente più elevati.

Per il 2022 si prevede un deficit Inps ancora in crescita, ben oltre i 35 miliardi. La cifra è preoccupante e resta sotto osservazione da parte del Governo impegnato a portare avanti una difficile riforma pensioni per il 2024.