In Italia si va in pensione ancora troppo presto. Lo dice l’Ocse, ma anche i dati statistici diffusi dall’Osservatorio pensioni dell’Inps. Fino a due anni fa la media dell’età del ritiro dal lavoro è stata di 61,8 anni a testa, più bassa che in Francia.

Fra deroghe alla legge Fornero, eccezioni di vario genere, Quota 100, ecc. pochi sfortunati lavoratori sono andati in pensione coi requisiti di vecchiaia a 67 anni. Dati che hanno fatto allarmare più di una volta anche l’Unione Europea che sulla spesa pensionistica italiana ha un faro costntemente puntato da anni.

In pensione prima che in Francia

Secondo l’Ocse, nel 2020, l’età media di uscita dal mercato del lavoro in Italia era di 61,8 anni. Un dato che contrasta con quelli dell’Inps che rilevano una effettiva età di pensionamento a 63,8 anni. Il primo attiene più che altro all’effettiva uscita dal mondo del lavoro, il secondo al pensionamento vero e proprio.

Cosa significa questo? In realtà nel primo dato sono compresi tutti i lavoratori che lasciano il lavoro prima senza andare in pensione. Ma beneficiando di trattamenti previdenziali pubblici o privati simili alla pensione. Ci riferiamo per l’esattezza agli scivoli, cioè ai contratti di espansione, all’isopensione ai contratti di solidarietà. Ma anche ad Ape Sociale e agli assegni ordinari di invalidità.

Tutto questo contribuisce ad abbassare l’età media della pensione, almeno vista dagli occhi esterni dell’Ocse, che esamina i dati solo dal punto di vista della cessazione dell’attività lavorativa. Ma che implica comunque un certo gradi di assistenza da parte dello Stato verso i lavoratori, anche se non si può dire che siano formalmente in pensione.

Una prestazione su due è anticipata

Più nel dettaglio emerge che in Italia, al 1 gennaio 2023, una pensione su due è anticipata rispetto ai 67 anni previsti dal requisito di vecchiaia.

In tutto superano quota 5 milioni e sono in netta prevalenza rispetto a quelle di vecchiaia per una spesa totale di 125 miliardi di euro.

Il grosso arriva dalla gestione dei lavoratori dipendenti: oltre 3,3 milioni di assegni, ai quali si aggiungono quelli delle gestioni dei lavoratori autonomi (più di 1,7 milioni). Tre su quattro, poi, sono riservate agli uomini e circa un terzo alle donne. Solo un quarto dei trattamenti è di natura contributiva, mentre il resto di natura anche o solo assistenziale.

Tirate le somme, si evince come in Italia, nonostante la riforma Fornero del 2012 si è continuati ad andare in pensione prima dei 67 anni. Molto prima. Grazie agli scivoli e a Quota 100 sono state bypassate le rigide maglie della riforma di 11 anni fa e ancora si stanno cercando escamotage per farlo. In questo senso, gli italiani sono più bravi dei francesi a mescolare le carte pur facendo le riforme pensioni.