Via libera dall’Inps alle domande di congedo parentale retribuito all’80%. A partire dal 1 gennaio 2023, come previsto dalla legge di bilancio, madri e padri lavoratori possono beneficiare di un mese in più di assenza dal lavoro ottenendo per 30 giorni un indennizzo maggiorato per maternità. Una legge introdotta dal governo Meloni per tutelare maggiormente i genitori che spesso sono costretti a rientrare anzitempo al lavoro per non perdere soldi.

Di regola il congedo parentale facoltativo, riservato a uomini e donne, è indennizzato solo al 30%.

Ma da quest’anno cambiano leggermente le tutele a favore della maternità. Il periodo di astensione con indennizzo maggiorato può essere usufruito per una durata massima di tre mesi dal padre e di tre mesi dalla madre entro il 12esimo anno di vita del bambino.

I chiarimenti dell’Inps

Con la circolare n. 45 del 16 maggio 2023, l’Inps spiega le modalità di fruizione del nuovo congedo parentale e come presentare domanda. In particolare, il periodo di assenza di 30 giorni è fruibile entro il sesto anno di vita del figlio e in alternativa tra i genitori. Spetta ai genitori una volta terminato il congedo di maternità (o paternità) obbligatorio spettante per legge in occasione della nascita o adozione di un bambino.

La nuova disposizione normativa – si legge nella circolare Inps – interessa solamente i genitori che terminano (anche per un solo giorno) il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022. Sono, quindi, esclusi tutti i genitori che abbiano concluso la fruizione del congedo di maternità o di paternità al 31 dicembre 2022.

Il congedo parentale indennizzato all’80% della retribuzione spetta solo ai lavoratori dipendenti o anche a uno solo di essi. Sono esclusi gli autonomi. Pertanto, se un genitore è lavoratore dipendente e l’altro no, il mese di congedo parentale spetta solo al genitore lavoratore dipendente.

Durata del congedo

Ricordiamo che, a seguito della riforma del 2022 sui congedi parentali, il periodo di astensione facoltativa dal lavoro è stato elevato a 10 mesi continuativi o frazionati per coppia di genitori dipendenti.

Detto periodo è elevabile a 11 mesi qualora il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi.

Il congedo parentale può essere fruito entro il 12 esimo anno di vita del bambino nato, affidato o adottato in famiglia. Al compimento dell’età anagrafica il diritto si estingue automaticamente. Il periodo di astensione dal lavoro è indennizzato al 30% della retribuzione nel seguente modo:

  • 3 mesi alla madre;
  • 3 mesi al padre;
  • 3 mesi di comune accordo.

Ulteriori 3 mesi possono essere fruiti con indennità pari al 30% della retribuzione solo se il genitore richiedente risulta in possesso di un reddito individuale inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione Inps. In caso contrario spetta il diritto, ma non l’indennizzo. Al “genitore solo”, sono riconosciuti 11 mesi continuativi o frazionati, di congedo parentale, di cui 9 mesi sono indennizzabili al 30% della retribuzione.

Congedo parentale, 30 giorni retribuiti all’80%

L’incremento dell’indennità del congedo parentale all’80% nasce da particolari esigenze economiche che il governo Meloni ha voluto tutelare a favore della famiglia. Molti lavoratori si trovano spesso in difficoltà economica e quindi non fanno uso del congedo parentale. Del resto il 30% della retribuzione è poca cosa se lo stipendio non è alto e le spese quotidiane aumentano. Soprattutto dopo l’arrivo di un figlio.

Così il governo ha pensato bene di aumentare l’indennità per 30 giorni del congedo parentale facoltativo portandola all’80% della retribuzione. In modo da tutelare maggiormente la maternità, come avviene in molti altri paesi europei.

Benché sia possibile fruire del congedo parentale fino al 12esimo anno di vita del bambino, come previsto dalle novità introdotte ad agosto 2022 dal decreto n. 105 del 2022, solo entro il sesto anno di vita si potrà ottenere l’indennità maggiorata.

L’Inps pagherà automaticamente l’80% della retribuzione in corso verificando il diritto partendo dalla data di nascita del figlio.