Da quest’anno i padri godranno di due giorni in più di congedo obbligatorio. Come previsto dalla legge di bilancio per il 2020, i lavoratori padri dipendenti avranno a disposizione sette giorni di paternità per accudire i propri figli nati o adottati nel corso dell’anno. A chiarirlo è il messaggio numero 679 del 21 febbraio 2020 emanato dal Inps.

In sostanza dal quest’anno viene concesso anche ai papà che lavorano nella come dipendenti la possibilità di usufruire di 7 giorni retribuiti, quali permessi di paternità, da dedicare alle cure del proprio figlio o figlia entro e non oltre i cinque mesi dalla nascita o adozione.

La novità è solo l’ultimo tassello di una serie di misure per irrobustire i sostegni alla genitorialità che hanno visto la luce negli ultimi anni.

Sette giorni di congedo di paternità

A seguito delle novità introdotte sul congedo di paternità e alla circolare Inps di cui sopra, il lavoratore dipendente potrà usufruire del congedo di paternità entro il quinto mese dalla nascita del proprio figlio. Il beneficiario avrà a disposizione al massimo7 giorni retribuiti al 100% dal Inps con copertura previdenziale figurativa. Per le modalità di fruizione dei giorni di congedo, l’Inps ha chiarito, alcuni aspetti fondamentali per poter usufruire dei permessi in concomitanza con quelli previsti per la madre. L’Inps recependo una sentenza della Cassazione – che ha sancito il principio della non alternatività dell’utilizzo da parte del padre lavoratore dipendente dei riposi giornalieri con la fruizione dell’indennità di maternità della madre lavoratrice autonoma – concede tali permessi a entrambi i genitori contemporaneamente. Pertanto, se la madre è lavoratrice autonoma e il padre lavoratore dipendente, quest’ultimo può restare a casa dal lavoro per accudire e assistere il figlio insieme alla madre durante il periodo di maternità obbligatoria. Restano, invece, incompatibili i permessi di paternità durante il periodo in cui la madre lavoratrice è in congedo parentale.

La domanda di congedo

Per usufruire del congedo, il padre deve comunicare almeno 15 giorni prima al datore di lavoro i giorni in cui intende fruirne. In caso di fruizione del periodo in concomitanza con la nascita del bambino, vale la data presunta di parto comunicata dal medico specialista. Il datore di lavoro comunicherà poi all’Inps le giornate di congedo fruite, attraverso i canali telematici messi a disposizione dall’Istituto medesimo. Devono, invece, presentare domanda direttamente all’Inps quei lavoratori per i quali provvede l’Istituto al pagamento dell’indennità di maternità. Si tratta in particolare dei lavoratori agricoli, i lavoratori stagionali, i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, i lavoratori disoccupati e sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento cassa integrazione guadagni nonché i lavoratori dello spettacolo saltuari o con contratto a termine.

Agli statali solo 5 giorni di congedo

Il provvedimento recepito dalla legge di bilancio per il 2020 estende il diritto al congedo anche ai dipendenti statali prevedendo per l’intero anno un impegno di spesa massima di 60 milioni di euro. Questo anche per armonizzare la situazione dei lavoratori del pubblico impiego con quella dei dipendenti del settore privato. Infatti, questi dall’anno in corso godono di 5 giorni di congedo, che possono arrivare a 6 in caso di sostituzione della madre. Il congedo per paternità è una novità relativamente recente che è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge numero 92 del 2012 che aveva introdotto sia il congedo obbligatorio, sia quello facoltativo per i papà, alternativo al congedo di maternità.

Italia fanalino di coda rispetto all’Europa

Nonostante le novità introdotte dalla legge di bilancio 2020, restano comunque delle differenze con il resto d’Europa laddove la direttiva Ue in passato aveva disposto per i singoli Stati di riconoscere almeno 10 giorni di astensione dal lavoro per accudire i figli.

Vero che ogni Stato membro ha ancora tempo (3 anni) per adeguarsi, ma l’Italia – a differenza di altri Paesi – è agli ultimi posti in Europa. In Portogallo esiste persino una legge che prevede l’obbligatorietà dell’astensione dall’attività lavorativa per ben 20 giorni, mentre in Slovenia c’è la facoltatività, ma per 15 giorni.