Come e quando andranno in pensione i nati negli anni ‘80? Cioè coloro che hanno iniziato a lavorare con il sistema di calcolo contributivo della rendita e oggi sono quarentenni? Di sicuro, a parità di carriera, le loro pensioni non sono equiparabili a quelle dei loro predecessori per i quali lo Stato ha concesso molto in passato. Senza le dovute conseguenze.

Chi è nato prima degli anni ’80 ha ottenuto ottimi trattamenti pensionistici se li si rapporta alla durata di godimento della rendita maturata, ai contributi versati e all’importo ottenuto rispetto alla retribuzione media.

Merito del sistema retributivo di calcolo della pensione che per i quarantenni di oggi non esiste più. Tuttavia questo non significa che la loro pensione sarà inadeguata o insufficiente, come spesso si sente raccontare.

Come saranno le pensioni dei nati negli anni ‘80

Anche se è presto per fare i conti e considerando che il sistema pensionistico è in continua evoluzione, qualche simulazione si può azzardare. Soprattutto sull’importo della rendita che, come noto, è calcolata esclusivamente sulla base del montante contributivo accumulato e rivalutato negli anni.

Più precisamente, nel sistema contributivo puro, l’importo della pensione è calcolato partendo dalla somma dei contributi versati e rivalutati durante la carriera lavorativa. Quindi, maggiore è il montante contributivo versato più alta sarà la pensione.

Ma c’è anche una seconda variabile da tenere in considerazione: l’età. Più si tarda l’accesso alla pensione, maggiore sarà l’importo che è determinato applicando al montante contributivo il coefficiente di trasformazione. Pertanto è importante sapere che chi lavora oggi non deve avere alle spalle carriere discontinue, periodi di disoccupazione, retribuzioni basse. Perché ne va del “tesoretto” che serve a determinare l’importo della pensione.

E già si teme che, a causa del precariato diffuso, i lavoratori nati negli anni ’80, quelli della generazione X, avranno pensioni basse. Secondo le stime, dovrebbero lavorare circa 3 anni in più per ottenere lo stesso assegno di quelli nati nel 1965, ad esempio.

Mentre tra un uomo nato in quest’ultima data e una donna più giovane di 15 anni la differenza sale a 5 anni e 8 mesi.

Il montante contributivo, come si rivaluta

Ma torniamo al montante contributivo. La cifra accantonata, vuoi mediante versamenti obbligatori, vuoi attraverso riscatti volontari, costituisce la base sopra la quale l’ente pensionistico liquida la pensione. E’ un po’ come un salvadanaio, un libretto di risparmio, garantito dallo Stato.

Il montante contributivo è quindi la somma dei contributi versato dal lavoratore ogni anno. E’ rivalutato annualmente sulla base del tasso di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del Pil. E qui sta il problema, perché da anni questo tesoretto non si rivaluta a causa del Pil negativo registrato o a bassa crescita, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia.

Pertanto, a esclusione della contribuzione relativa all’ultimo anno lavorato, la rivalutazione, così come spiegata, influisce sull’importo delle rendite. Cosa che non accadeva, invece, per le pensioni liquidate con il sistema retributivo. Per la generazione X sarà quindi dura ottenere una pensione adeguata e simile a quella dei predecessori, anche se non basteranno 67 anni di età.

Riassumendo…

  • La pensione dei nati negli anni ’80 sarà più bassa di quella dei loro predecessori calcolata col sistema retributivo.
  • L’assegno dei quarantenni di oggi è calcolato solo con il sistema di calcolo contributivo, più penalizzante rispetto al passato.
  • L’importo della pensione non si basa sulla media delle retribuzioni, ma sul valore del montante contributivo.