La pensione non scatta necessariamente il giorno dopo aver smesso di lavorare. Anche se nell’immaginario collettivo la si vede in questo modo. Così come ci sono persone che continuano a lavorare dopo la pensione, cosa che riguarda in particolar modo i lavoratori autonomi e i professionisti.

Ma ci sono anche casi in cui un lavoratore smette di lavorare non avendo ancora maturato il diritto alla pensione. Vuoi per un motivo o per un altro, non sempre la decorrenza dell’assegno scatta nei tempi attesi.

A volte manca il requisito contributivo, a volte quello contributivo o anche entrambi.

Quando i contributi e l’età non bastano per andare in pensione

Al di là delle scelte personali di un lavoratore, è bene sapere che il lavoro è una fonte di reddito attraverso il quale si pagano anche i contributi per la pensione. Nel caso dei dipendenti è il datore di lavoro che versa, per gli autonomi è direttamente l’assicurato a provvedere obbligatoriamente. Sia che si tratti di libero professionista, agricoltore, commerciante o artigiano.

Così vi sono casi in cui i lavoratori, pur avendo l’età anagrafica per accedere alla pensione, non hanno i contributi necessari e magari hanno perso il lavoro da tempo non trovandone un altro. In questi casi, dovranno preoccuparsi, al netto dei contributi derivanti dagli ammortizzatori sociali, di versare volontariamente i contributi per raggiungere la soglia minima necessaria. Per la pensione di vecchiaia, ricordiamo, servono 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi.

Altresì vi sono lavoratori che, pur avendo versato contributi a sufficienza non possono andare in pensione perché non hanno raggiunto l’età necessaria. Per costoro si tratta solo di attendere la maturazione del requisito anagrafico previsto dalla normativa per uscire in via ordinaria o anticipata.

Cosa bisogna sapere

Al di là di scelte personali o obbligate, la cosa più importante è conoscere le regole per andare in pensione.

Bisogna inoltre tenersi aggiornati perché queste cambiano di anno in anno, subiscono modifiche, integrazioni e anche cancellazioni. I requisiti richiesti sono quasi sempre due: uno anagrafico e uno contributivo. Sia che si tratti di pensione ordinaria che anticipata.

Una volta che il lavoratore conosce bene tutte le possibilità per andare in pensione può agire di conseguenza tutelando nel miglior modo possibile il proprio diritto alla pensione. Per i giovani abbastanza difficile da comprendere, anche perché sono lontani dal traguardo ed è poco utile fare previsioni. Mentre per chi ha un’età vicina ai 60 anni l’interesse non manca.

Per quanto riguarda la pensione ordinaria, bisogna sapere che il requisito minimo contributivo è di 20 anni, mentre quello anagrafico di 67. Questi due paletti non valgono in senso assoluto per tutti. Per chi ricade interamente nel sistema di calcolo contributivo, cioè ha iniziato a lavorare dopo il 1996, è necessario che la pensione a calcolo, al momento della domanda, sia pari ad almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Questa regola non vale per chi ricade anche nel sistema retributivo.

In assenza di tale requisito, non si ha diritto alla pensione e bisognerà lavorare ancora per ottenere una rendita maggiore o aspettare il compimento dei 71 anni di età quando decade la regola della soglia minima di rendita. In questo caso si può andare in pensione anche senza 20 anni di contributi.

Riassumendo…

  • La liquidazione della pensione non deve coincidere per forza con la data di interruzione del lavoro.
  • Chi smette di lavorare può non avere i requisiti necessari per la pensione.
  • Il diritto alla pensione si matura centrando il requisito anagrafico e contributivo.
  • Per le uscite ordinarie servono 67 anni di età e almeno 20 di contributi.