Il capitolo tasse appare in modo piuttosto celere non appena il contribuente approccia al mondo del lavoro. Specie se questo fosse confinato all’ambito della Partita Iva.

Anche se le condizioni possono essere differenti, la tassazione interverrebbe per qualunque meccanismo che non sia soggetto, di default, a determinate agevolazioni. In questo senso, appare evidente che, al mutare delle situazioni sociali, sul lavoratore graverebbe tanto l’obbligatorietà della regolarità fiscale quanto lo sbilanciamento degli equilibri tra costi e potere d’acquisto.

Quello che è avvenuto negli ultimi anni, probabilmente più nel periodo successivo alla pandemia che durante il suo pieno. Mesi estremamente complicati, falcidiati dalla marcia dell’inflazione così come dall’impossibilità, per la maggior parte delle famiglie, di far fronte ai rincari semplicemente tramite le proprie disponibilità su conto corrente. Quindi quelle derivanti da attività lavorativa.

Chiaramente, durante i periodi di maggiore difficoltà si è cercato di fornire ai lavoratori gli strumenti per evitare il macigno della tassazione. Perlopiù, sono state predisposte misure di sgravio fiscale e di condono, sufficienti per tamponare l’emergenza. Ma non per la risoluzione a lungo termine delle complicanze dovute alle entrate minori (o totalmente assenti) del periodo pandemico. Eppure, al netto della marcia ancora in progressione in direzione della riforma fiscale, all’orizzonte sembra stagliarsi una novità interessante per i lavoratori in Partita Iva (in aumento nel 2023).

Partita Iva e detassazione: cosa c’è di vero e come funzionerebbe il taglio

Gli ultimi governi hanno dovuto, in serie, far fronte sia all’emergenza Covid che alla necessità, correlata, di fornire agli italiani un sistema fiscale non opprimente in tempi di magra sul piano salariale. Le misure applicate, come detto, hanno fornito più un lenitivo che una cura, col risultato che, per molte famiglie, il peso fiscale è rimasto pressoché immutato. Specialmente per coloro che poggiano, per i propri introiti, esclusivamente sul regime della Partita Iva.

Per questo, proprio per costoro, sarebbero in arrivo alcune misure specifiche volte a garantire il mantenimento degli standard minimi di sussistenza. Disposizioni che, in qualche modo, rientrano nella lavorata riforma del Fisco, pensata proprio per la riduzione dell’aggravio fiscale nei confronti dei soggetti che operano in autonomia o come liberi professionisti. Il cosiddetto Bonus tasse, mira alla creazione di incentivi ad hoc sia per i cittadini che per le imprese. Incentivi volti sia allo sgravio dalle tasse connesse all’attività che all’incremento delle disponibilità economiche.

Nella fattispecie, la revisione dell’imposta sui redditi prodotti dalle società sarà il primo step. Attualmente fissata al 24%, la riforma dovrebbe scorporarla in due fasi distinte, con aliquote agevolate e Ires incorporata all’interno della seconda. Il che, in pratica, dovrebbe ridurre in modo sensibile le imposte per le aziende e le attività che, in primis, effettueranno nuove assunzioni. Oppure, che sceglieranno l’investimento nel reddito. Inoltre, la cosiddetta pagella fiscale dovrebbe incappare in qualche agevolazione che la rende più malleabile. Si punta, in sostanza, a semplificare la procedura di verifica dell’affidabilità fiscale dei soggetti, con riduzione dei controlli sulle pratiche avviate.

Riassumendo…

  • Nell’ambito della riforma fiscale, si punta a delle agevolazioni particolari per la Partita Iva;
  • oltre al regime di tassazione agevolato, interverranno regole più elastiche nelle procedure di controllo fiscale.