Governo e parti sociali sono finalmente arrivati ad un accordo sul blocco licenziamenti: la misura emergenziale approvata durante la prima ondata Covid è stata rivista. Dopo sei ore di confronto, sindacati ed Esecutivo hanno trovato un punto di incontro. I nodi da sciogliere riguardavano la tutela dei lavoratori ma anche delle imprese, per questo motivo è stato deciso di sospendere lo stop, ma con alcune eccezioni.

Blocco licenziamenti sospeso: le imprese esenti

Lo avevano preannunciato sia il ministro del Lavoro Andrea Orlando che il Premier Mario Draghi: tra gli interventi in programma per l’estate ci sarebbe stato sicuramente quello relativo al blocco licenziamenti, o sarebbe meglio dire “sblocco“.

L’obbligo di non licenziare, infatti, è venuto meno per molte imprese, ad eccezione di tre settori, ovvero: tessile, moda e calzaturiero.

“L’intervento che abbiamo previsto è in linea con tutti gli altri Paesi europei”, aveva già dichiarato Draghi durante una conferenza stampa al Consiglio europeo straordinario. Era il 25 maggio. E c’è voluto più di un mese di incontri e trattative per trovare l’intesa e arrivare al nuovo patto.

Blocco licenziamenti: cosa cosa cambia con il nuovo patto Governo – sindacati

Il nuovo accordo tra Governo e parti sociali è stato il risultato di una lunga riunione che si è svolta martedì 29 giugno a Palazzo Chigi. All’incontro hanno preso parte il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro del Lavoro Andrea Orlando. L’avviso comune è stato sottoscritto insieme da Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Alleanza delle Cooperative, Confapi.

“Le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti – si legge in una nota del Governo – si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro”.

Ma su cosa si basa, di fatto, la nuova “intesa lavoro”? Prima di tutto, come già anticipato, la fine dello stop ai licenziamenti.

Imprese e aziende non operanti nel settore moda, tessile e calzaturiero potranno quindi effettuare tagli del personale. Prima di farlo, però, l’impegno di ricorrere ai vari ammortizzatori sociali.

Lavoratori in CIG prima di essere licenziati: a cosa hanno diritto i dipendenti

In merito al nuovo patto Governo-sindacati, vanno fatte alcune precisazioni. Prima di tutto, è vero che sarà garantito l’accesso alla cassa integrazione ordinaria in cambio del vincolo di non procedere con licenziamenti in azienda. Tuttavia, è vero anche che non ci sarà più un divieto assoluto di licenziamento. Di fatto, un’azienda che non vuole ricorrere alla CIG potrà farlo e, conseguentemente, ridurre la propria forza lavoro.

Chi decide di utilizzare la cassa integrazione ordinaria per i propri dipendenti, però, avrà accesso alla stessa per un totale di 13 settimane.

La CIGO andrà a sostituire la retribuzione dei lavoratori a cui è stata sospesa o ridotta l’attività lavorativa.

Il trattamento di integrazione salariale in questi casi ammonta all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate. Il trattamento si calcola tenendo conto dell’orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga.

Nel caso in cui la riduzione dell’orario di lavoro sia effettuata con ripartizione dell’orario su periodi ultrasettimanali predeterminati, l’integrazione è dovuta, nei limiti di cui ai periodi precedenti, sulla base della durata media settimanale dell’orario nel periodo ultrasettimanale considerato.

Blocco licenziamenti, gli ammortizzatori sociali alternativi alla CIG

Nella nota stampa pubblicata sul sito del Governo, si legge che viene raccomandato alla imprese in crisi “l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro”.

Oltre alla CIGO, quindi, tra le misure a disposizione degli imprenditori vanno menzionate:

  • i contratti di solidarietà difensivi ed espansivi;
  • e gli accordi di riduzione e rimodulazione dell’orario di lavoro.

Sono accordi stipulati tra l’azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro, anche al fine di mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale.

La norma generale prevede, per le ore di riduzione di orario, un’integrazione in percentuale alla retribuzione persa. L’erogazione sarà a carico dell’Inps, e permetterà alle aziende di ammortizzare in parte i costi del personale, non dovendo per forza ricorrere al licenziamento.