Si dice spesso che l’importo della pensione che spetterà in futuro dipende dall’ultimo stipendio. Dunque per analogia l’aumento di stipendio garantirebbe una pensione più generosa. Questo però non è sempre vero, o meglio non lo è sempre nella stessa misura. Dipende anche dal tipo di pensione a cui il lavoratore vuole accedere.

“Salve ho 60 anni e da due lavoro nell’azienda di mio suocero, con regolare contratto. Inizio a pensare alla pensione e mi chiedo: un aumento di stipendio ora potrebbe aiutarmi a prendere una pensione più alta?”

Un aumento di stipendio non fa (sempre) primavera

Sarebbe facile fare un accordo con il datore di lavoro per farsi aumentare vertiginosamente l’ultimo stipendio in modo da andare in pensione con un assegno corposo.

Ovviamente le cose non stanno così nella vita reale. La pensione non tiene conto solo degli ultimi stipendi ma dell’intera carriera e dei versamenti.  E questo vale anche per il retributivo a differenza di quanto si pensi.  E vale anche per i dipendenti pubblici è bene chiarirlo.

Nel caso specifico abbiamo pochi elementi per rispondere con più precisione perché mancano i dati per ricostruire la carriera di chi ci scrive. Non sappiamo neppure se sia uomo o donna o quale lavoro svolgesse prima.

Proponiamo quindi una panoramica completa sulle diverse casistiche.

Calcolo pensione: i tre sistemi ancora in uso

  • per i lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: si applica il calcolo retributivo sino al 31 dicembre 2011; dal 1° gennaio 2012 è applicato il metodo contributivo;
  • per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: si applica il calcolo retributivo sino al 31 dicembre 1995, dal 1° gennaio 1996 il metodo contributivo (calcolo misto);
  • in riferimento a quei lavoratori privi di contributi al 31 dicembre 1995, o che hanno scelto un’apposita opzione (opzione al contributivo di cui all’art. 1 co. 23 L. n. 335/1995, computo presso la gestione Separata di cui all’art. 3 DM 282/1996, totalizzazione nazionale D.Lgs. n. 42/2006, opzione donna art. 16 DL 4/2019), si applica il calcolo integralmente contributivo.

L’aumento di stipendio a fine carriera fa aumentare sempre la pensione?

Quando si va in pensione, l’Inps applica il cd tasso di trasformazione per generare l’importo spettante.

Si tratta in altre parole della percentuale di stipendio che spetta al pensionato. Nei migliori dei casi, il tasso di trasformazione si assesta intorno al 70%.

Insomma non è detto che se l’aumento di stipendio arriva proprio a fine carriera possa essere incisivo nel calcolo della pensione. L’unico modo per saperlo è fare una simulazione della pensione futura con i propri dati.

E’ possibile prendere di pensione più di quanto si prendeva di stipendio?

Chiudiamo con quello che, alla luce di quanto spiegato, può sembrare impossibile e che invece può accadere in alcuni rari e specifici casi. La pensione può essere più alta dell’ultimo stipendio? Immaginiamo che un lavoratore a fine carriera, a ridosso della pensione, abbia subito una riduzione delle ore di lavoro. In generale, in tutte le ipotesi di peggioramento delle condizioni lavorative (anche nel caso di un cambio lavoro dopo i 60 con uno stipendio più basso di prima ad esempio con il passaggio al part time a fine carriera), la pensione potrebbe risultare più alta dell’ultimo stipendio. Idem per chi ha fatto un periodo di disoccupazione come ponte per la pensione.

Riassumendo…

  • la pensione tiene conto dello stipendio ma con una serie di regole che dipendono dal calcolo applicato;
  • nel passaggio da stipendio a pensione si applica il cd tasso di trasformazione;
  • in alcuni casi eccezionali la pensione può essere più alta dello stipendio.

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