Col prossimo mese di ottobre scatteranno i primi aumenti delle pensioni previsti dal 2023. Un incremento del 2% sulla rivalutazione che il governo ha deciso di anticipare di tre mesi col decreto Aiuti bis per contrastare l’impennata dell’inflazione.

L’aumento interesserà la maggior parte dei pensionati con redditi fino a 35 mila euro, o 2.692 euro al mese di pensione. Per tutti gli altri bisognerà attendere il 1 gennaio 2023. Restano fuori quasi 4 milioni di beneficiari con redditi superiori a 35 mila euro.

Pensioni in aumento da ottobre

Come detto, si tratta di un acconto che il governo ha stabilito sulle risultanze dell’inflazione dei primi sei mesi del 2022.

A cui seguirà a novembre, questa volta per tutti, un altro piccolo incremento previsto per gennaio 2023.

Si tratta del recupero della rivalutazione dello 0,2% dello scorso anno (l’inflazione definitiva nel 2021 è risultata pari a + 1,9% anziché dello 1,7% provvisoriamente applicato dall’Inps). Con il cedolino di novembre saranno corrisposti anche gli arretrati maturati dal 1° gennaio 2022 al 30 settembre 2022.

Non è molto in definitiva, ma meglio di niente. 54 euro netti per chi percepisce una pensione di 2.692 euro al mese, ma circa la metà per la maggior parte dei pensionati italiani che prendono mediamente 1.240 euro al mese di rendita.

La rivalutazione 2023

Ma quello che più importa sottolineare è che da gennaio 2023 scatterà la piena rivalutazione per tutti. Le pensioni dovranno essere rivalutate in base ai dati definitivi sull’inflazione del 2022 che si prevede in forte crescita. Quindi un incremento che non si vedeva dall’inizio degli anni 80 in Italia.

Lo Stato dovrà quindi sborsare un sacco di soldi in più per la perequazione automatica degli assegni, cosa alla quale non si era più abituati a fare perché l’inflazione è rimasta molto bassa negli ultimi 10 anni.

Ma sul punto si stanno valutando anche altre opzioni per difendere i redditi più bassi. I partiti sembrano essere tutti d’accordo a innalzare il livello delle pensioni minime per sostenere il potere di acquisto di chi non ce la fa ad arrivare a fine mese.

Interessante è la proposta di Silvio Berlusconi di portare tutte le pensioni minime a 1.000 euro. Opzione che prevede una spesa enorme per lo Stato, ma sarebbe ridimensionata di circa due terzi se la si agganciasse a requisiti reddituali o al Isee. Il che costituirebbe una garanzia anche per i giovani lavoratori.