La vera riforma pensioni che potrebbe presto vedere la luce è quella lanciata da Silvio Berlusoni. Tutte le pensioni minime devono essere portate a 1.000 euro al mese. Non è solo una questione economica, ma anche di garanzia per i giovani lavoratori.

Costa 31,2 miliardi di euro secondo l’Osservatorio dei Conti Pubblici guidato da Carlo Cottarelli (in quota PD). Ma la previsione di spesa non tiene conto di coloro che, pur essendo in pensione con meno di 1.000 euro, continuano a lavorare o percepiscono altri redditi.

E in Italia sono tanti.

Pensioni a 1.000 euro, dove prendere i soldi

Per cui, le previsioni di Cottarelli, benché corrette dal punto di vista numerico, sono sbagliate in senso prospettico. L’intervento sulle pensioni minime che ha in mente Berlusconi è quello di sostenere i redditi più bassi delle famiglie. Ma anche quello di assicurare ai giovani lavoratori, che non avranno diritto all’integrazione al trattamento minimo, un salvagente per il futuro.

I soldi ci sono, basta spostarli da un capitolo di spesa all’altro. Si possono benissimo prendere dal reddito di cittadinanza – come dice Giorgia Meloni – che è costato in tre anni la bellezza di 23 miliardi di euro agli italiani. Non proprio noccioline se si guarda anche quali benefici ha prodotto, cioè nessuno.

Ma si possono recuperare anche dai vari bonus pagati a pioggia, tanti dei quali sono risultati sprecati e inutili. Poi ci sono i fondi del Pnnr e i risparmi da Quota 100. Insomma, le cose vanno spiegate bene. Se si vuole, le risorse per portare le pensioni minime a 1.000 euro ci sono.

Una garanzia per i giovani lavoratori

Inoltre, chi inizia oggi a lavorare rischia di non arrivare in futuro a 1.000 euro al mese. Fra precariato diffuso, carriere interrotte, periodi di disoccupazione e contratti di lavoro poco gratificanti, c’è poco da stare tranquilli. Il montante contributivo sarà troppo basso per garantire un minimo vitale.

Il sistema di calcolo retributivo della pensione, quello che garantiva, non solo una rendita calcolata in base allo stipendio, ma anche un cuscinetto in caso di mancato raggiungimento di una pensione sufficiente (integrazione al minimo), fra qualche anno non ci sarà più per nessuno.

Chi si ritroverà pochi anni di contributi alle spalle, con l’inflazione che galoppa e l’impossibilità di rimettersi sul mercato del lavoro a una certa età, come farà? Ecco che la pensione minima a 1.000 euro a 67 anni ha più senso del reddito di cittadinanza che, viceversa, è stato dato anche a persone di giovane età, in grado di lavorare. Ma che di lavoro non ne vogliono sapere.