E’ scaduta il 15 luglio scorso la seconda finestra del 2023 per andare in pensione con Ape Sociale. Si tratta per l’appunto di una scadenza propedeutica alla presentazione della domanda vera e propria di anticipo pensionistico. L’Inps, infatti, si riserva, un lasso di tempo necessario per la verifica dei requisiti contributivi e soggettivi del lavoratore prima di autorizzare la pensione.

La risposta avviene solitamente entro tre mesi dalla presentazione della domanda e può essere di accoglimento o rigetto. In questo secondo caso il motivo è spesso riconducibile alla mancanza delle condizioni soggettive previste per il richiedente.

M anche all’insufficienza dell’anzianità anagrafica minima per avere diritto ad Ape Sociale. Questa non è uguale per tutti, ma avaria in base alla tipologia di richiesta di anticipo pensionistico.

Ape Sociale, requisiti

Ricordiamo che hanno diritto all’Ape Sociale i lavoratori iscritti alle varie gestioni Inps. Devono possedere almeno i 63 anni di età, aver cessato il lavoro, essere residenti in Italia e trovarsi in una delle seguenti quattro condizioni:

  • Avere almeno 30 anni di contributi ed essere in stato di disoccupazione
  • Possedere 30 anni di contributi e al momento della richiesta di Ape sociale assistere da almeno sei mesi il coniuge, la persona con cui è contratta l’unione civile o un parente di primo grado convivente (genitori o figli) con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3 comma 3 legge 104/1992
  • Avere almeno 30 anni di contributi ed essere riconosciuto invalido dalle commissioni di invalidità civile almeno al 74%.
  • Possedere almeno 36 anni di contributi (per edili e ceramisti ne bastano 32) e svolgere alla data della domanda di Ape sociale da almeno sei anni in via continuativa una o più delle attività gravose previste dalla normativa.

Per quanto riguarda le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi per l’accesso all’Ape Sociale, pari a 12 mesi per ciascun figlio con due anni di sconto massimo sull’età.

Il periodo di lavoro svolto all’estero non vale

Per il conteggio dei contributi, fanno fede tutti quelli versati nelle varie gestioni.

Qualora il beneficiario di Ape Sociale avesse versato contributi in gestioni diverse, la liquidazione della pensione anticipata avviene separatamente. Il calcolo della rata mensile è effettuato pro quota per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati.

Vi è, però, un’eccezione. Il requisito contributivo necessario per ottenere Ape Sociale non può, infatti, essere perfezionato totalizzando i periodi assicurativi italiani con quelli esteri, maturati in Paesi UE, Svizzera, SEE o extracomunitari convenzionati con l’Italia. In altre parole, l’istituto della totalizzazione internazionale non vale.

Lo precisa la circolare Inps n. 100 del 16 giugno 2017, seguita da una precisazione del Ministero del Lavoro, nella quale si ribadisce l’impossibilità di valutare tale contribuzione a causa della particolare natura di tale strumento che non è una pensione. Pertanto, chi raggiungesse la contribuzione minima richiesta, grazie anche al periodo di lavoro svolto all’estero, non avrebbe diritto ad Ape Sociale. Dovrebbe attendere i requisiti per la pensione.

E’ il caso di molti lavoratori italiani che prestano o hanno prestato la propria attività in Svizzera (frontalieri) per i quali sussiste una posizione previdenziale italiana ed estera. Ebbene, per costoro, il diritto ad Ape Sociale non sorge se la soglia minima contributiva non è raggiunta coi soli periodi di lavoro svolto in Italia.

Riassumendo…

  • Per andare in pensione con Ape Sociale bisogna soddisfare requisiti contributivi minimi.
  • I periodi di lavoro svolto all’estero non sono validi per ottenere l’anticipo pensionistico.
  • La totalizzazione internazionale non è prevista per Ape Sociale.