Dopo il crash dei fondi pensione in Gran Bretagna dello scorso autunno, arriva un altro segnale inquietante per i lavoratori. Questa volta dagli Stati Uniti. Il recente fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) porta dietro di sé anche migliaia di assicurati americani alla previdenza complementare.

Nella famosa banca californiana, la sedicesima per dimensioni degli Stati Uniti, hanno infatti investito anche numerosi fondi pensione. Soldi dei lavoratori, naturalmente, che ora non ci sono più. Sempre per colpa dell’inflazione e di spregiudicate manovre finanziarie di avidi gestori.

E il contagio potrebbe coinvolgere tutto il settore finanziario, anche se si cercherà di nasconderlo.

Anche i fondi pensione nel cratere della Silicon Valley Bank

Non è il primo caso e non sarà l’ultimo, ma è bene sapere come lavorano i fondi pensione prima di affidare loro i soldi dietro promesse di rendimenti futuri convenienti. Una invenzione diabolica delle banche per raccogliere soldi da destinare a loro piacimento e interesse sui mercati mondiali. A fini di lucro naturalmente. Con la compiacenza di numerosi attori, fra i quali i sindacati, i governanti e i gli organi di informazione che allarmano continuamente i lavoratori sul loro futuro pensionistico.

Tutti soggetti ben pagati (dal Tfr dei lavoratori). Però di queste cose non si parla, è vietato scriverne, ma i numeri dello scorso anno sui rendimenti dei fondi pensione in Italia e diffusi dalla Covip sono lì da vedere. Secondo la Commissione di Vigilanza, nel 2022 i rendimenti netti sono stati pari al

  • -9,8% per i fondi negoziali,
  • -10,7% per i fondi aperti
  • -11,5% per i PIP (Piani pensionistici individuali) di ramo III.

Non si può semplicemente dare la colpa all’inflazione. La colpa è dei gestori, ma anche dei lavoratori che non si informano adeguatamente e abbastanza quando si tratta di firmare piani pensionistici utilizzando i soldi del Tfr. C’è ignoranza finanziaria galoppante in questo senso.

Non solo in Italia.

Rendimenti negativi e alto rischio

Tornando ai numeri, lo scorso anno, oltre 300 fondi pensione aperti hanno perso mediamente il 10% del proprio valore a causa del crollo delle borse e dell’impennata dell’inflazione. Un tonfo che equivale a quasi 10 anni di crescita pregressa e ammonta a oltre 10 miliardi di euro, il 5,9% del patrimonio totale dei fondi pensione italiani.

Cosa ci dicono questi dati e perché dobbiamo riflettere sul crac della Silicon Valley Bank? Benchè l’evento sia molto distante da noi, bisogna tenere sempre presente due cose. La prima è che non c’è trasparenza nella gestione del denaro affidato ai fondi pensione. Cioè, non è dato sapere al lavoratore, che destina quote del Tfr ai fondi, come sono investiti i suoi soldi. Incredibile! Se uno va in banca e chiede di acquistare un Btp gli fanno firmare pagine di moduli, Mifid, manleve, ecc. Ma per i fondi pensione sembra tutto più semplice.

La seconda è che il rischio non vale la candela, soprattutto se questo denaro è affidato a terzi con uno scopo ben diverso da quello di garantire una rendita supplementare al momento della richiesta di pensione di chi lavora. Meglio quindi tenersi stretto il Tfr che lo scorso anno ha reso oltre l’8% e, col ritorno dell’inflazione, costituisce sempre e comunque un’ampia garanzia. Una volta incassata la buona uscita, basta investirla in Btp e la pensione complementare è presto realizzata. Senza perdere la disponibilità del capitale.

Cosa devono sapere i lavoratori sui fondi pensione

Chi destina il proprio Tfr ai fondi pensione, invece, deve sapere che corre dei rischi. I mercati salgono e scendono, si sa, e per chi investe soldi con lo scopo di assicurarsi una rendita complementare al momento del pensionamento non può assolutamente rischiare in questo modo. L’impennata dell’inflazione ha messo a nudo tutte le debolezze e i rischi di questa forma di investimento per ottenere una integrazione alla pensione.

I fondi non falliranno mai, anche se i mercati dovessero crollare. Possono perdere il 90%, ma non falliscono. Ma a pagare il conto saranno i risparmiatori, in questo caso i lavoratori. Le cose possono anche andare bene, ben inteso, ma non per sempre. Quindi diventa una questione di timing. E nessuno ha la sfera di cristallo.

Ma la trappola dei fondi pensione è ben oliata dagli sconti fiscali che i governi propongono per spingere i lavoratori verso la previdenza complementare. Cosa che spesso non basta. I giovani sono più avveduti e se ne fregano, preferiscono avere a disposizione il loro Tfr tutto e subito. Anche perché con i tempi che corrono e il lavoro precario le certezze sono poche.

Così arriva anche il “silenzio assenso”. Per legge. Altra porcheria per intrappolare lavoratori nella macchina mangiasoldi dei fondi pensione, sempre più assetati di liquidità, viste le perdite in conto capitale dello scorso anno. Unica soluzione per recuperare patrimonio.