Il governo prepara la stretta fiscale sugli affitti brevi. Coinvolta in prima linea Airbnb, ma anche Booking e HomeAway la piattaforma online che in Italia offre più di 450 mila alloggi per un giro d’affari che supera i 2 miliardi di euro e vale oltre l’11% del fatturato degli host. Cifra per la quale il fisco incassa solo briciole.

Gli affitti brevi, secondo l’attuale normativa in vigore, sono tassati in misura fissa mediante applicazione di una cedolare secca al 21%. Percentuale che viene girata dal proprietario o dalla società Airbnb al fisco agendo come sostituto d’imposta.

Tale tassa, detta anche tassa su Airbnb, non tiene però in dovuta distinzione chi effettua attività d’impresa con le locazioni da chi, invece, affitta solo occasionalmente la casa per brevi periodi.

Come cambierà la tassazione sugli affitti brevi

Così, sta maturando l’idea di cambiare le regole con apposita riforma per chi fa impresa con gli affitti brevi. La proposta del ministro ai Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini mira appunto a stringere i paletti intorno ai titolari di partita Iva (albergatori, esercenti di B&B, società turistiche, agenzia immobiliari, ecc.) che si avvalgono della piattaforma Airbnb per realizzare guadagni da affitti brevi. L’idea sarebbe quella di portare a tassazione a livelli d’impresa chi affitta più di tre case, superando il limite della cedolare secca previsto per gli affitti brevi e occasionali. “Il tema Airbnb – dice Franceschini – va governato in modo intelligente. Il turismo vuole sempre di più diventare ‘esperenziale’ e questo fa sì che le persone apprezzino sempre di più l’idea di essere ospitati in una casa in cui si può capire come vivere all’italiana. Sono forme di turismo interessanti. Ma va regolato”.

Quando la riforma sugli affitti brevi?

Ma quando cambieranno le regole. Il governo ha intenzione di fare presto, ma soprattutto bene.

Dopo che il PD ha inserito un emendamento apposito nel Dl Milleproroghe, si è preferito spostare la discussione all’interno di una riforma più complessa sul tema caldissimo degli affitti brevi. Il governo sta infatti lavorando proprio in questi giorni al disegno di legge sul turismo. In cantiere vi è la proposta di dare la possibilità ai Comuni di consentire l’affitto turistico solo con il rilascio di una licenza, stabilendo anche un tetto al numero di permessi e una durata massima degli affitti durante l’anno, tenendo conto anche del posizionamento degli alloggi nei centri storici. Limite oltre al quale solo esercitando attività imprenditoriale è possibile operare, ma con tassazione diversa dalla cedolare secca al 21%.

Come si paga l’imposta con Airbnb

La legge, varata dal governo Gentiloni nel 2017, prevede che gli affitti brevi, di durata inferiore ai 30 giorni, debbano scontare la cedolare secca del 21%. Tale imposta di soggiorno è a carico di coloro che pernottano nelle città. Le modalità di riscossione e versamento dipendono dai Comuni e dagli accordi siglati con la piattaforma Airbnb. In alcuni casi avviene automaticamente da parte di Airbnb per conto degli host ogni volta che un ospite paga una prenotazione. In altri casi potrebbero essere gli host a dover riscuotere manualmente le tasse Airbnb di soggiorno. Generalmente Airbnb preleva, all’atto della prenotazione, l’imposta dovuta dall’ospite e la riversa, alla scadenza stabilita dal regolamento, al Comune. Diversamente, qualora il contratto di affitto breve venga stipulato al di fuori di Airbnb o di altre piattaforme online il versamento della cedolare secca dovrà essere fatto mediante dichiarazione dei redditi (mod. 730 o Unico).