La legge di bilancio 2024 ha modificato alcuni aspetti del sistema pensionistico e in particolare Quota 103. Sostanzialmente da quest’anno diventa più difficile andare in pensione anticipata per via di particolari restrizioni che sono state introdotte per uscire a 62 anni di età con 41 anni di contributi per uomini e donne. Modifiche che riguardano essenzialmente il sistema di calcolo e i limiti della rendite per indurre i lavoratori a posticipare l’uscita dal mondo del lavoro.

In sostanza, i vantaggi a lasciare il lavoro in anticipo per beneficiare della pensione anticipata si sono ormai ridotti al lumicino e quasi a nessuno conviene approfittare di Quota 103.

Al contrario di quanto avvenuto fino alla fine dello scorso anno.

E’ penalizzante sotto diversi aspetti, primo fra tutti il calcolo della rendita che avviene da quest’anno solo col solo metodo contributivo. Ci sono poi i tempi di attesa della pensione (finestra mobile) che si sono allungati a 7 mesi per i lavoratori del settore privato e a 9 mesi per quelli del pubblico impiego. E il limite di pagamento che si abbassa a 4 volte l’importo del trattamento minimo (2.270 euro circa).

Donne in pensione con Quota 103

Detto questo è opportuno analizzare la nuova formula di Quota 103 in relazione al sesso. Posto che la pensione anticipata sia penalizzante, sia per gli uomini che per le donne, queste ultime risultano favorite nella rinuncia. Semmai volessero scartare l’ipotesi di lasciare il lavoro prima del tempo. Come mai?

Analizziamo bene la situazione. L’alternativa per le lavoratrici che a 61 anni di età hanno alle spalle 41 anni di contributi sono tre:

  • Opzione Donna, se si trovano in condizioni di fragilità (caregiver, licenziate o invalide);
  • pensione per lavoratrici precoci se hanno almeno 12 mesi di contributi prima del 19 esimo anni di età;
  • pensione anticipata ordinaria prevista dalla riforma Fornero con 41 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Per coloro che hanno iniziato a lavorare.

Tralasciamo le prime due opzioni che richiedono particolari requisiti che poche lavoratrici possiedono e soffermiamoci sull’ultima via di uscita che riguarda, invece, tutte.

Donne più favorite degli uomini

Ebbene, una lavoratrice che ha alle spalle 41 anni di lavoro ha sicuramente convenienza ad attendere altri 10 mesi per andare in pensione perché otterrebbe una rendita calcolata con il sistema misto (retributivo e contributivo). Sicuramente più favorevole di quello solo contributivo previsto da quest’anno con Quota 103. Anche i tempi di attesa della pensione sarebbero inferiori: 3 mesi per le lavoratrici del settore privato e 6 mesi per le dipendenti pubbliche.

La stessa cosa non può dirsi degli uomini, perché la normativa prevede l’uscita anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi (anziché 41 e 10 mesi) indipendentemente dall’età. Quindi tempi di attesa decisamente più lunghi in caso di rinuncia a Quota 103. Pertanto, se il passo è breve per le donne, altrettanto non può dirsi per gli uomini che devono mettere in conto maggiori sacrifici se vogliono ambire a una pensione senza penalizzazione una volta maturati 41 anni di contribuzione.

In altre parole, i requisiti Quota 103 per le donne sono gli stessi degli uomini, ma in relazione alle alternative di uscita anticipata, le prime risultano favorite rispetto ai secondi. Il che crea una sorta di discriminazione del diritto alla rinuncia dell’opzione di uscita per godere di maggiori benefici commisurati nel tempo. E il tempo è denaro, si sa.