Si continua  a parlare di riforma pensioni che, stando a quanto emerso negli ultimi giorni, potrebbe essere rimandata. Per evitare il ritorno alla legge Fornero, infatti, pare che il governo sia intenzionato a ricorrere a una normativa “ponte”, in grado cioè di regolamentare le uscite dal lavoro in maniera provvisoria e fino all’approvazione di una nuova legge definitiva, che non arriverebbe comunque entro la fine dell’anno.

Per chi ha più di 60 anni si fa strada la cd. Quota 41 nel 2023

Quando si parla di pensioni sembra ormai prendere sempre più piede la cd.

Quota 41, ovvero una misura previdenziale che permetterebbe – nel 2023 – l’uscita dal lavoro a chi ha più di 60 anni. Nello specifico, così come annunciata, permetterebbe il pensionamento a chi:

  • ha almeno 62-63 anni di età;
  • ha raggiunto un’anzianità contributiva pari a 41 anni.

La vera novità di cui si parla molto nelle ultime ore, però, riguarda la durata di questa modalità di pensionamento. Seppur si tratti della soluzione probabile, pare che Quota 41 sia destinata a essere provvisoria, una normativa “ponte”, come abbiamo detto, che garantisca il pensionamento ma solo fino all’approvazione di una riforma strutturale dell’intero sistema pensionistico italiano.

C’è da dire, tuttavia, che ad oggi queste rimangono delle ipotesi in attesa di essere confermate. Fino all’approvazione della legge di bilancio, infatti, non c’è nulla di certo e definitivo. Tra tutte le proposte al vaglio, comunque, questa continua ad essere quella che salta più spesso fuori.

Pensioni: le riforme al vaglio del governo Meloni

Del perché il governo abbia deciso di prendere tempo sulla riforma pensioni è stato presto detto dal ministro dell’economia Giorgetti. Al momento, considerando la crisi che imprese e famiglie stanno attraversando, l’esecutivo di Meloni sembra avere altre emergenze da gestire.

In primis, bisogna far fronte alla crisi energetica, trovando una soluzione contro il caro bollette.

Non è da escludere, quindi, che gran parte delle risorse a disposizione dello stato siano destinate a questo.

La riforma pensionistica, tanto auspicata in campagna elettorale (come molte altre promesse fatte), deve quindi attendere. Non ci sono abbastanza soldi, non c’è abbastanza tempo e bisogna concentrarsi su altri settore. Tuttavia, come già detto, c’è l’esigenza e l’impegno di evitare il ritorno alla legge Fornero per i pensionati: da qui, l’idea di una proposta ponte e provvisoria come Quota 41 nel 2023.

Giorgia Meloni sembrerebbe anche ormai certa della proroga di Opzione Donna e della cd. Ape Sociale, due modalità di pensionamento anticipato che dovrebbero essere confermate anche il prossimo anno. Per il resto, invece, è tutto in fase di trattativa e definizione. Si aspetta, per esempio, l’ok definitivo dei sindacati, ma è anche vero che le condizioni sembrano cambiare ogni giorno, il che potrebbe portare le parti sociale a rivedere le proprie posizioni (oppure, al contrario, a dare il via libera una volta per tutte).

Se questo assetto dovesse essere confermato in fase di approvazione della legge di bilancio 2023, l’uscita dal lavoro sarebbe quindi possibile per:

  • le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi versati 58 anni di età (nel rispetto delle condizioni imposte da Opzione Donna);
  • i lavoratori impiegati in attività faticose o gravose che hanno compiuto 63 anni e hanno 30 o 35 anni di contributi (e si trovano in una delle situazioni previste dall’Inps per ricevere l’Ape Sociale);
  • tutti i lavoratori e le lavoratrici che vantano, nel corso della vita lavorativa, almeno 41 anni di contributi versati e un’età che potrebbe variare dai 62 ai 63 anni (anche sul requisito anagrafico la questione è ancora aperta).