L’Agenzia delle Entrate ha recentemente acceso i riflettori su un fenomeno preoccupante che coinvolge direttamente la procedura degli interpelli fiscali. Con una nota ufficiale datata 23 maggio 2025, l’Amministrazione finanziaria ha denunciato la circolazione di documenti contraffatti che riportano in calce la firma dell’Agenzia, ma che non provengono da alcun iter ufficiale né sono riconducibili a istanze effettivamente presentate.
Si tratta di presunti pareri formali che, pur simulando in tutto e per tutto le risposte rilasciate in sede di interpello ordinario, risultano essere privi di qualsiasi validità giuridica.
Falsi interpelli: una minaccia concreta per la sicurezza fiscale
Non solo truffe sui rimborsi fiscali o altro.
I documenti individuati di recente presentano contenuti apparentemente tecnici e autorevoli, affrontando temi di rilievo nell’ambito tributario. Al centro della questione vi è una tematica di estrema sensibilità: l’estinzione di obbligazioni tributarie mediante compensazioni effettuate da soggetti terzi rispetto al debitore originario, avvalendosi di crediti d’imposta propri.
In questo contesto si colloca l’istituto dell’accollo, meccanismo attraverso il quale un soggetto si impegna a saldare un debito altrui. Sebbene tale figura giuridica sia conosciuta e regolata, il suo utilizzo in ambito tributario richiede un’attenta valutazione della normativa e delle condizioni applicabili. La mancanza di una cornice giuridica chiara e l’eventuale assenza di presupposti normativi stringenti rendono tali operazioni potenzialmente rischiose e soggette a contestazioni da parte dell’Amministrazione.
Il rischio di affidamento ingannevole
La verosimiglianza formale dei falsi interpelli solleva gravi preoccupazioni. L’utilizzo di questi documenti come base per giustificare comportamenti fiscali potrebbe indurre contribuenti e consulenti a ritenere legittime operazioni che, in realtà, non godono di alcuna copertura normativa o validazione da parte delle Entrate.
Il rischio è che si crei un affidamento distorto, con effetti potenzialmente disastrosi in termini di accertamenti, sanzioni e contenziosi.
L’Agenzia delle Entrate sottolinea come alcuni di questi documenti risultino costruiti in maniera tale da sembrare riferiti a istanze realmente presentate nell’ambito della procedura prevista dal decreto legislativo n. 564/1996, la quale consente ai contribuenti di ottenere chiarimenti preventivi su situazioni di incertezza interpretativa. Tuttavia, nessuna di queste istanze è stata rintracciata nei registri ufficiali, né le risposte riconosciute come legittime sono mai state elaborate dai competenti uffici.
I criteri per riconoscere un parere autentico
A tutela dei contribuenti, l’Amministrazione ha diramato una serie di raccomandazioni per distinguere i documenti ufficiali da quelli artefatti. Un primo criterio fondamentale è rappresentato dalla verifica della pubblicazione del parere all’interno della banca dati degli interpelli ufficiali. Non tutte le risposte vengono pubblicate – come previsto dal provvedimento n. 185630 del 7 agosto 2018 – ma l’assenza di diffusione pubblica non può e non deve essere automaticamente interpretata come un indice di autenticità.
Anzi, la mancanza di visibilità pubblica, quando associata a contenuti palesemente favorevoli al contribuente in ambiti normativi soggetti a stretta vigilanza, può costituire un serio campanello d’allarme. In particolare, è opportuno diffidare di quei documenti che legittimano operazioni borderline, come l’accollo con compensazione di crediti d’imposta, senza un chiaro riferimento ai presupposti giuridici o senza citare le circolari o i documenti di prassi consolidati dell’Amministrazione.
Cosa fare in caso di dubbi sull’origine degli interpelli
Alla luce dei rischi connessi all’uso improprio di pareri falsi, l’Agenzia invita tutti i soggetti interessati, in particolare i professionisti del settore tributario, a rivolgersi direttamente agli Uffici di consulenza giuridica presso le Direzioni regionali o centrali dell’Amministrazione, qualora emergano incertezze circa l’autenticità o la fondatezza di un interpello ricevuto.
L’approccio prudenziale suggerito dalle Entrate si inserisce in un più ampio contesto di contrasto all’abuso del diritto e alle pratiche elusive, che rappresentano una delle principali direttrici di intervento dell’Amministrazione negli ultimi anni. Il riferimento alla compensazione dei crediti d’imposta altrui – in assenza di un quadro normativo solido e trasparente – indica chiaramente l’intento di scoraggiare operazioni che, pur essendo formalmente ineccepibili, rischiano di violare lo spirito delle norme tributarie.
L’importanza degli interpelli Agenzia Entrate nel sistema fiscale
La vicenda rende evidente quanto delicata e strategica sia la funzione degli interpelli Agenzia Entrate nel panorama fiscale italiano. Questi strumenti costituiscono un canale privilegiato di interlocuzione tra il contribuente e l’Amministrazione, favorendo la certezza del diritto e la prevenzione del contenzioso.
Tuttavia, proprio per la loro valenza, gli interpelli devono mantenere un elevato standard di trasparenza, tracciabilità e affidabilità. L’infiltrazione di documenti apocrifi rischia di minarne la credibilità e, soprattutto, di esporre il contribuente a comportamenti in buona fede ma privi di reale tutela normativa.
Riassumendo
- L’Agenzia Entrate segnala la diffusione di falsi interpelli su temi fiscali critici.
- I documenti contraffatti simulano risposte ufficiali su accollo e compensazione di crediti.
- Tali falsi interpelli generano rischi di affidamento ingannevole per contribuenti e professionisti.
- L’Amministrazione raccomanda di verificare l’autenticità dei pareri non pubblicati ufficialmente.
- In caso di dubbi, consultare gli Uffici giuridici regionali o centrali delle Entrate.
- Gli interpelli Agenzia Entrate restano strumenti essenziali per la certezza normativa fiscale.