Le tende degli studenti davanti alle principali sedi universitarie nelle grandi città italiane hanno risvegliato le attenzioni dei media per un problema che le famiglie avvertono da ormai diversi anni: il caro-casa. Non solo in realtà come Milano è sempre meno sostenibile persino per il ceto medio acquistare un immobile, ma persino vivere in affitto. Il tema è complesso, in quanto coinvolge il grande malessere degli ultimi decenni: i bassi stipendi. In effetti, ad essere onesti non si capisce se il problema sia più che le case costino troppo o che le famiglie guadagnino poco.

Guardando alle classifiche internazionali, verrebbe da dire la seconda. Il capoluogo lombardo, per noi sempre più inaccessibile, rispetto alle capitali europee è considerata una realtà “cheap”.

Niente canone di locazione

E se vi dicessimo che esiste la possibilità di vivere in affitto senza pagare il canone di locazione? Tranquilli, non vi stiamo suggerendo di diventare inquilini morosi. Quello è semmai un altro grave problema per il quale la legislazione italiana si mostra carente sulla tutela della proprietà. Il sistema di cui vi parliamo si chiama “jeonse” e si rivela essere una via di mezzo tra l’acquisto (“jaga”) e il pagamento dell’affitto (“wolse”). E’ molto diffuso in Corea del Sud da diversi decenni e ad esso si rivolge principalmente la popolazione più giovane di ventenni e trentenni.

Prima di addentrarci sul suo funzionamento, dobbiamo sapere che i coreani hanno una predilezione per la casa. L’80% della loro ricchezza è composto da immobili. A differenza degli americani, sono poco propensi ad investire in asset finanziari. Insomma, più simili a noi italiani. Ma tra il 2013 e il 2022 il prezzo medio di una casa è aumentato tra il 40% e il 45%. Dai primi anni Duemila si è registrato un boom di oltre il 150%. Comprare casa in Corea del Sud è diventato sempre più proibitivo, ma anche vivere in affitto si è rivelato sempre più costoso, non certo alla portata dei più giovani.

E qui viene in aiuto il “jeonse”. Vediamo in cosa consiste.

L’inquilino versa una somma al proprietario della casa pari generalmente al 70% del valore di mercato dell’immobile. In cambio, potrà vivere in affitto senza pagare il relativo canone di locazione fino a due anni. Al termine del contratto, il proprietario restituisce la somma all’inquilino. Nel frattempo, questi ha avuto modo di accrescere i propri risparmi da destinare eventualmente all’acquisto di casa. Negli ultimi anni, la legislazione consente alle parti di prolungare la durata del contratto alla scadenza di altri due anni.

Jeonse meccanismo “win-win”

Il “jeonse” sembra essere a tutti gli effetti un meccanismo “win-win”. Ci guadagnano tutti. L’inquilino non spende soldi per vivere in affitto, mentre il proprietario riceve una somma a interessi zero da investire sui mercati o che potrà anche più semplicemente versare su un conto deposito in banca. A questo punto, potreste porvi la seguente e legittima domanda: dove trova il denaro necessario per il deposito l’inquilino? Glielo prestano le banche. Secondo la Banca di Corea, nei sei anni fino all’ottobre 2022 i prestiti legati ai depositi sono quadruplicati a quota 172.000 miliardi di won, circa 118,60 miliardi di euro al cambio attuale.

I prestiti legati al “jeonse” incidono per il 17% della massa dei mutui erogati e per il 10% dei debiti delle famiglie. Stiamo parlando di un fenomeno di grande rilevanza. Ma non privo di rischi, come segnala il boom delle sofferenze ad essi legate nel 2022 a 1.170 miliardi (807 milioni di euro). Cos’è accaduto? Anche la Banca di Corea ha dovuto alzare i tassi d’interesse sin dal 2021, portandoli dallo 0,50% al 3,50%. Borse e bond sono andati giù, così come i prezzi delle case coreane hanno perso in media il 5-6% in pochi mesi.

Molti proprietari non sono stati in grado di restituire i depositi ricevuti dagli inquilini. A loro volta, questi non hanno potuto restituirli alle banche.

Vivere in affitto “gratis” sempre più costoso

L’aumento dei tassi avrebbe dovuto rinvigorire il “jeonse”, mentre sta accadendo il contrario. In effetti, negli anni passati, quando i tassi erano bassissimi, i proprietari delle case non trovavano conveniente rinunciare all’affitto per ottenere somme da investire a rendimenti scarsi. D’altra parte, gli inquilini avevano accesso ai prestiti a costi molto contenuti, ben inferiori a quelli che avrebbero sostenuto pagando l’affitto. Ma poiché i prezzi delle case sono esplosi e le somme richieste come deposito anche, molti giovani, in particolare, hanno dovuto fare crescente ricorso al credito. Ora che i tassi sono aumentati, trovano più costoso vivere in affitto senza pagare il canone di locazione. Il “jeonse” è adesso poco conveniente per gli inquilini, mentre molti proprietari sono andati nel frattempo in bancarotta.

Tra l’altro, la legge che ha consentito negli anni passati di raddoppiare la durata del contratto, avrebbe dovuto beneficiare gli inquilini. Invece, si è tradotta in un calo dei nuovi contratti di “jeonse”, dato che quelli in scadenza sono stati perlopiù rinnovati. La minore disponibilità di case per vivere in affitto “gratis” ne ha fatto impennare i costi. E così, i depositi sono arrivati a una media del 70% del valore di mercato degli immobili dal 50% precedente. Resta l’appeal di un meccanismo nato per soddisfare le opposte esigenze dei due lati del mercato e sostenuto sia dal legislatore che dal sistema bancario. Che possa un giorno attecchire in Italia?

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