Tonfo delle azioni Banco BPM in borsa nella seduta di venerdì scorso fino al 7%. Le vendite sono fioccate copiose ai danni della banca veronese dopo la presentazione della legge di Stabilità per il 2022. Tra le numerose misure varate dal governo Draghi, ve n’è una che riguarda le banche. Si tratta dei cosiddetti “Deferred tax assets” (Dta), crediti d’imposta riconosciuti dallo stato agli istituti. La buona notizia è che tale incentivo fiscale è stato prorogato al 30 giugno 2022; la cattiva, che sarà ridotto dopo quest’anno.

Di Dta si è parlato spesso con riferimento alla possibile cessione di Monte Paschi di Siena (MPS) a Unicredit. Sono stati quantificati nel caso specifico in 3 miliardi di euro, sebbene i calcoli varino a seconda di chi li effettua. Essi consistono nel riconoscere alle banche che procedono a un’integrazione un credito d’imposta pari al 2% delle attività della banca più piccola. Poiché MPS detiene attività ai fini della norma di 150 miliardi, Unicredit acquisendola avrebbe messo le mani su una dote fiscale di 3 miliardi.

Niente fusione con MPS e Unicredit perde i Dta

A partire dall’anno prossimo, tuttavia, i Dta saranno ridotti a un importo pari al valore minimo tra 500 milioni e il 2% delle attività della banca più piccola. In altre parole, rispetto alla norma vigente è stato posto un tetto di 500 milioni. E torniamo al caso MPS. Nel caso in cui Unicredit avesse nei fatti chiuso le trattative per bluffare e alzare il prezzo ai danni del Tesoro, adesso avrebbe tutta la convenienza a tornare in fretta al tavolo del negoziato, ammesso che abbia voglia realmente di rilevare la banca toscana. Infatti, se l’operazione si concludesse dopo il 31 dicembre, perderebbe 2,5 miliardi di benefici fiscali.

Se, invece, Unicredit ha rotto per il reale disinteresse verso MPS, possiamo leggere la modifica del governo alla norma sui Dta come una sorta di “vendetta” di Mario Draghi contro Andrea Orcel, amministratore delegato di Piazza Gae Aulenti.

In effetti, da mesi si vocifera che l’istituto avrebbe un piano alternativo all’acquisizione di MPS, cioè Banco BPM. In questo caso, metterebbe le mani su un credito d’imposta di 900 milioni. Ma con la nuova norma, il beneficio scenderebbe a 500 milioni. Dunque, l’acquisizione diverrebbe meno appetibile. Ecco spiegata la ragione per cui le azioni di Banco BPM sono crollate venerdì scorso. Come se il mercato avesse fiutato la punizione inflitta da Draghi a Unicredit e, indirettamente, all’istituto veronese. Difficile, in effetti, che l’eventuale acquisizione possa perfezionarsi entro la fine di quest’anno, non essendovi i tempi tecnici.

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