Il capitombolo delle banche in borsa nella seduta di martedì ha indotto il governo Meloni a mostrarsi più prudente circa l’intenzione di tassarne i cosiddetti “extra-profitti”. Anziché legare la stangata massima al 25% del patrimonio netto, come da prima bozza, il Tesoro si è affrettato ad aggiustare il tiro il giorno dopo: sarà limitata allo 0,1% degli attivi. Una misura che dovrebbe, almeno in teoria, esitare un maggior gettito da destinare al taglio del cuneo fiscale e anche a dare una mano a chi ha sottoscritto in passato un mutuo a tasso variabile.

Fiducia mercati a rischio

Ci sarebbero tantissime ragioni per tacciare negativamente questa improvvisata tassa a carico delle banche. Una delle quali risiede circa la sua natura punitiva nei confronti di chi ha investito in borsa. Gli azionisti sono sempre considerati nella percezione pubblica quasi un’entità astratta. La verità è che tendenzialmente lo siamo tutti. Vuoi che abbiamo acquistato titoli azionari per pochi spiccioli, vuoi che abbiamo un fondo pensione per tutelarci durante la vecchiaia, i nostri risparmi si trovano investiti in borsa.

Con l’annuncio a sorpresa di lunedì sera, il governo ha deciso di punire chi aveva scommesso sull’Italia. Male, malissimo. Avremmo bisogno di convogliare maggiori risparmi sulla borsa italiana, nonché di attirare capitali dall’estero. La mossa dissennata di questa settimana non aiuta certo a garantire quel clima di fiducia che risulta necessario per spronare agli investimenti. E tutto questo per cosa? Per aiutare chi ha un mutuo a tasso variabile, come abbiamo accennato sopra, seppure non soltanto.

Educazione finanziaria carente

A costo di andare contro l’opinione pubblica prevalente, il sostegno ai mutuatari è sbagliato alla radice. Se io contraggo con la banca un mutuo a tasso variabile, significa che sto scommettendo sui tassi di interesse. Mi aspetto evidentemente che rimangano bassi per il tempo sufficiente a rimborsare gran parte del capitale preso in prestito.

E’ quanto accaduto nel decennio passato. Centinaia di migliaia di famiglie hanno beneficiato di questa tipologia di finanziamento, avendo vinto la scommessa contro chi aveva puntato sul più rassicurante mutuo a tasso fisso.

Le scommesse si vincono, ma si possono anche perdere. Per quale ragione lo stato dovrebbe intervenire a sostegno di chi ha scommesso male? In tanti scrivono di essere stati “raggirati” dalle banche o dall’amico sportellista con suggerimenti a dir poco interessati. Per caso avete scoperto solo oggi che le banche puntino a fare il loro interesse? E’ verissimo che molte famiglie non conoscano perfettamente i termini di ciò che sottoscrivono. Più che la scarsa trasparenza delle condizioni contrattuali, c’è una un problema di carente educazione finanziaria nel nostro Paese. E nessuno sta puntando il dito contro coloro che, in buona fede, hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile. Ancora agli inizi dello scorso anno risultava essere una scelta perfettamente logica.

Mutuo tasso variabile è scommessa

Il fatto è che gli eventi non sono sempre prevedibili e quando si opta per indebitarsi secondo uno schema legato all’andamento dei mercati, bisogna accettarne anche la cattiva sorte. Sarebbe fin troppo facile giocarsi una schedina sapendo che o si vince o tutt’al più non si perde nulla. Con questo provvedimento il governo va contro le basi di un sano capitalismo: combatte coloro che si addossano un rischio di investimento senza nulla pretendere in caso di esito negativo per favorire coloro che hanno perso una scommessa sull’andamento dei tassi di interesse.

A questo punto, non avrebbe più alcun senso l’erogazione del mutuo a tasso variabile. Poiché il governo punirebbe le banche ogni volta che i tassi salgono, queste finiranno per offrire ai clienti esclusivamente soluzioni a tasso fisso. Più costose del dovuto, s’intende.

A rimetterci sarebbero tutti coloro che in futuro dovessero presentarsi in banca a chiedere un prestito. Non è così che va un libero mercato. Le leggi devono pretendere che i contratti siano trasparenti e che le banche non facciano cartello tra loro, ma non possono imporre le condizioni a cui contrarre. Questa tassa sembra destinata ad essere annacquata in Parlamento, anche se una retromarcia totale sarebbe preferibile. Non avverrà eventualmente solo per evitare che qualcuno perda la faccia.

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