E le fatiche della task force guidata da Vittorio Colao hanno partorito le idee tanto geniali di cui l’Italia aveva bisogno: la lotta all’uso del contante senza quartiere. In effetti, era proprio quanto servisse alla nostra economia per ripartire dopo mesi di “lockdown”. Le centinaia di tecnici nominati da Palazzo Chigi in piena emergenza Coronavirus hanno presentato una bozza di programma, ancora non in via ufficiale, che tra l’altro poggia le fondamenta su un mix di sanzioni e incentivi per ridurre ai minimi termini i pagamenti cash.

Cos’è la tassa sul contante che Renzi vuole imporre al 10-15%?

Diverse le soluzioni studiate, tra cui quella di cui vi abbiamo dato notizia nei giorni scorsi e proposta dall’ex premier Matteo Renzi, ovvero di far emergere il contante custodito a casa o nelle cassette di sicurezza, attraverso l’adesione a una “voluntary disclosure” con relativa imposta del 10-15%. In pratica, auto-denunci di avere nascosto al fisco tot euro e per utilizzarli senza più problemi paghi un’aliquota medio-bassa, evitando sanzioni e interessi. Resta da vedere se tale misura sarebbe accompagnata da una sorta di “scudo” penale. Conoscendo le idee sulla giustizia del Movimento 5 Stelle, pare molto difficile che ciò possa accadere.

Per abituare gli italiani a pagare con carta di credito e bancomat, verrebbero offerti loro incentivi, come le detrazioni sui pagamenti non in contanti, mentre a commercianti, imprenditori e liberi professionisti verrebbe imposto l’uso del POS, i cui costi sarebbero resi detraibili fiscalmente. Al contrario, verrebbero sanzionati coloro che risultassero sprovvisti di POS funzionante. Inoltre, Colao vorrebbe eliminare dalla circolazione le banconote di valore superiore ai 100 euro. Forse, non gli hanno spiegato molto bene che ad emetterle sia la BCE e che essendo la moneta unica utilizzata da 19 stati, difficile che solo l’Italia possa assumere con successo una simile iniziativa.

Tassa prelievi bancomat

Infine, la “perla”: anticipo fiscale sui prelievi all’ATM. In altre parole, chi decidesse di prelevare denaro contante con la carta bancomat o di credito pagherebbe automaticamente una trattenuta, in quanto indiziato di utilizzarlo per chissà quale fine non lecito. Non c’è che dire, per rinvigorire l’economia italiana dopo il Covid-19 serviva proprio una tassa sul contante, anzi un intero apparato sanzionatorio. Già senza Colao, la legge di Stabilità 2020 aveva fissato per l’1 luglio la data da cui i pagamenti in contanti consentiti scendono a un massimo di 2.000 euro, mentre dal prossimo gennaio la soglia si abbasserà ulteriormente a 1.000 euro.

In cambio, promette Colao, una percentuale considerevole e fino al 60% del gettito recuperato verrebbe utilizzato dallo stato per sostenere il rilancio economico. Al di là di come la si pensi sul cash, il vero problema risiede nella “genialità” di centinaia di tecnocrati, incapaci di comprendere come uno dei settori maggiormente in ginocchio per la pandemia – il turismo – necessiti di quanta più sburocratizzazione e sostegno possibili per ripartire, anziché il fucile puntato alla tempia di governo e Agenzia delle Entrate. I pagamenti in contanti, che dovrebbero essere sempre un diritto fino a quando l’euro non verrà stampato in banconote e coniato in monete, diventano un fluido ancora più vitale in questa fase, consentendo all’economia informale di oleare la macchina dei consumi. E piaccia o meno, il sommerso esiste e va contrastato nel medio-lungo termine sradicandone le cause, ma nell’immediato non può essere disconnesso dal resto dell’economia, a meno di non voler tendere a un collasso totale di quest’ultima.

Lotta al contante, ovvero più debiti e poveri esclusi: la dura lezione scandinava

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