Se all’inizio di quest’anno ci avessero detto che la Serie A si sarebbe fermata a febbraio, che gli Europei di calcio sarebbero stati annullati e rinviati all’anno prossimo, che le stesse partite di Champions League sarebbero state spostate di mesi e che i Giochi Olimpici di Tokyo non si sarebbero celebrati nel 2020, avremmo certamente pensato che fossero profezie di un folle. Invece, la vita è cambiata come mai prima in tempi di pace. Quello che sembrava impossibile anche solo immaginare adesso è realtà.

Anche l’industria del calcio, miliardaria ricca e potente, ha dovuto arrendersi all’emergenza Coronavirus, pur dopo settimane di titubanze.

Per le società di calcio, un grosso guaio finanziario. I ricavi da stadio si sono fermati da circa un mese e gli stessi diritti TV rischiano di essere rinegoziati, perché gli assegnatari – in Italia, Sky e Dazn – hanno sborsato una cifra corrispondente alla trasmissione delle partite per l’intero campionato, mentre si ritrovano ad avere, almeno temporaneamente, rinunciato a trasmettere un quarto o un terzo del pacchetto acquistato.

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E così, le principali federazioni europee stanno cercando un accordo alla UEFA per provare a contenere il danno. Tra i punti salienti dell’intesa sinora solo abbozzata vi è il taglio degli stipendi dei calciatori. L’ipotesi sarebbe di non corrispondere ai giocatori la quota di stipendio corrispondente alle mancate partite giocate. Ad esempio, la Premier League ha disputato il 75% delle gare e se il campionato inglese non riprenderà, i giocatori delle squadre inglesi si vedranno decurtare lo stipendio del 25%. Il coordinamento riguarderebbe per il momento i quattro campionati maggiori dopo quello inglese, con quest’ultimo a fungere da modello: Spagna, Italia, Germania e Francia.

Il taglio degli stipendi nella Serie A

Venendo alla Serie A, abbiamo giocato 26 partite su 38, anche se alcune squadre si sono fermate a 25.

Grosso modo, manca all’appello un terzo delle gare e, infatti, la Lega sarebbe orientata a tagliare gli stipendi dei calciatori del 30%, con risparmi lordi attesi a circa 465 milioni di euro. Molto più problematica la richiesta che verrebbe inviata al governo di defiscalizzare gli stipendi, parrebbe di capire per la parte di campionato non effettivamente giocata ed evidentemente nel caso in cui il taglio non vi fosse. L’idea sarebbe di non chiedere alcun sostegno allo stato, ma di ricevere almeno un abbassamento del carico fiscale. Ma il calcio non potrebbe reclamare un trattamento di favore, per cui o il governo s’impegna per una defiscalizzazione generalizzata a favore di tutte le imprese italiane o il rischio sarebbe di ottenere come risposta una rivolta dell’opinione pubblica.

Quanto ai tagli, però, la soluzione che si starebbe adombrando sarebbe di evitare che siano orizzontali. La decurtazione avverrebbe per fasce di stipendi, con un’incidenza maggiore sui livelli più alti e salvaguardando i livelli retributivi minori. Questo implicherebbe, però, che la stangata a carico dei top player sia proporzionalmente maggiore. Ovviamente, se il campionato dovesse riprendere, i giocatori scamperebbero almeno a parte del taglio, sebbene le criticità per il calcio europeo resterebbero. Quasi certamente, parte delle partite rimanenti verrebbe disputata ancora a porte chiuse, comportando un calo delle entrate per le società.

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Il rinvio degli Europei depone a favore dei club, perché consente loro di allungare il campionato fino alla prima estate, nel caso in cui l’emergenza Coronavirus rientrasse entro la primavera. Forse, non a caso il titolo Juventus in borsa è scattato di quasi il 40% nelle ultime due settimane, pur restando del 40% più basso rispetto ai livelli di apertura di quest’anno.

La società di Andrea Agnelli risulterebbe la più colpita dall’eventuale stop definitivo del campionato, a causa della rosa più costosa della Serie A e a fronte delle perdite maggiori subite sul fronte dei diritti TV e probabilmente anche dei ricavi da stadio, considerando le partite ancora da disputare in chiave Champions.

Le perdite a carico dei “big” del calcio

E quanto perderebbero i giocatori più pagati in Italia con un taglio del 30% sin qui ipotizzato? La mente corre subito a Cristiano Ronaldo, che dovrebbe percepire oggi sui 31 milioni netti a stagione, qualcosa come 54,4 milioni lordi. Tagliando questi ultimi, l’ingaggio scenderebbe a circa 38 milioni, pari a 21,7 milioni netti. In poche parole, l’attaccante portoghese ci rimetterebbe di tasca propria oltre 9 milioni. Non rischia di fare la fame, in ogni caso, ma ciò non toglie che il Coronavirus gli sarebbe costato non poco. Nel caso specifico, però, bisogna tenere conto che lo stipendio è legato non solo alle partite di Serie A, ma anche a quelle disputate per le coppe europee, per cui se quelle di Champions verranno semplicemente rinviate e disputate in estate, la tagliola si ridurrebbe.

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E Romelu Lukaku dell’Inter, con il secondo stipendio più alto della Serie A, pari a 8,5 milioni netti, che per effetto delle norme fiscali agevolanti contenute nel Decreto “Crescita” corrispondono a uno stipendio lordo di 10,8 milioni e non dei quasi 15 milioni altrimenti previsti, si dovrebbe accontentare di quasi 6 milioni. Completa il podio un altro juventino, l’olandese Matthijs de Ligt, anch’egli beneficiario delle agevolazioni di cui sopra e che sui 7,5 milioni netti percepiti dovrebbe rinunciare a circa 2,25 milioni.

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