È stata giustamente definita una “svolta storica” e lo è senza alcuna ombra di dubbio. Questa settimana, gli scienziati del National Ignition Facility sono riusciti a condurre con successo un esperimento nel Lawrence Livermore National Laboratory, producendo grazie alla fusione nucleare più energia di quella necessaria per produrla. Nel dettaglio, ne hanno impiegata per 2 mega joule per ottenere 3 mega joule. Vi risparmiamo i dettagli tecnici piuttosto complessi. Ci concentreremo sulla sostanza: la fusione nucleare consiste nel fondere due nuclei leggeri per formare un nucleo più pesante.

Questo processo, che è il medesimo che accade nel sole, libera energia.

Le ricerche vanno avanti dagli anni Cinquanta e fino a qualche giorno fa, lo scoglio rimaneva essenzialmente uno: la produzione di energia con il processo di fusione nucleare risultava inferiore all’energia impiegata. Dunque, nessuna possibilità di impiego pratico. Con l’annuncio di questa settimana, le cose cambiano. Si prospetta la possibilità in futuro di produrre energia in quantità illimitate, a costo quasi nullo e, ascoltate bene, “pulita”. A differenza della fissione nucleare, non ci sono scorte radioattive in questo processo.

Energia pulita e per tutti

Ma Kim Budin, direttrice del laboratorio in cui è avvenuto l’esperimento, ha avvertito che per arrivare allo sfruttamento della fusione nucleare per scopi commerciali serviranno probabilmente “30 anni”. I tempi lunghi previsti hanno un po’ sgonfiato l’ottimismo delle prime ore, quando la svolta storica sembrava avere un impatto quasi immediato sulle nostre vita. Tuttavia, ci sono almeno due buone ragioni per restare ottimisti. La prima è che la ricerca avanza a ritmi impressionanti e quel che fino a pochi mesi prima spesso è intravisto nell’arco di decenni, diventa raggiungibile anche dopo poco tempo.

La seconda ragione consiste nelle conseguenze che la scoperta sulla fusione nucleare comporta. Se davvero gli scienziati sostengono con convinzione che tra alcuni decenni sarà possibile produrre energia pulita, illimitata e a costo quasi zero, le prospettive per gran parte del pianeta cambiano.

La svolta di questa settimana consiste, infatti, nella potenzialità per tutti i paesi del pianeta di produrre energia, pur non disponendo di materie prime. Una “democratizzazione” energetica per intenderci. Non esisterebbero più paesi con potere di ricatto sul piano economico e geopolitico, come accade ancora oggi con i produttori di petrolio e gas.

Verso energia a buon mercato?

Ora, se da qui ai prossimi mesi il mondo si convincesse della concretezza della fusione nucleare, non dovremmo attendere 30 anni per toccarne con mano i risultati. Già da qualche anno i paesi che producono petrolio sono sotto stress. La transizione energetica avviata dalle economie ricche li pone dinnanzi a un dilemma: aumentare la produzione per capitalizzare dalle esportazioni di idrocarburi prima che nessuno li voglia più acquistare o lasciarla invariata per mantenere alti i prezzi?

Se accanto allo scenario di un mondo sempre più “green” ci mettiamo la svolta sulla fusione nucleare, più di un paese produttore di petrolio inizierà a farsi due conti. A questo punto, tenere il greggio nel sottosuolo diventa in prospettiva uno spreco. Come se un commerciante tenesse la merce in magazzino durante una calca di potenziali clienti davanti alla vetrina e sapesse che tra qualche ora lì fuori non ci sarebbe più nessuno. Converrà estrarre il più possibile oggi per lucrare nell’ultimo periodo storico in cui ciò sarebbe possibile. Inevitabile l’impatto sul mercato: prezzi in picchiata ed energia meno costosa.

Fusione nucleare nuova corsa nello spazio

In altre parole, la svolta di questi giorni può portarci presto a risparmiare sui costi degli idrocarburi. E forse la tempistica dell’annuncio non è casuale. L’Occidente aveva bisogno di segnalare all’Asia di essere in possesso di un bene ancora più prezioso delle sue materie prime: la conoscenza.

La fusione nucleare sarebbe già un’arma potente in prospettiva che possediamo per renderci non solo indipendenti dal resto del mondo, ma anche più competitivi. Perché il know-how necessario per arrivare alla futura produzione non sarebbe certamente condiviso con il blocco geopolitico ostile. Dunque, in futuro potremmo avere costi di produzione nettamente inferiori a quelli sostenuti da chi oggi se la ride grazie al proprio sottosuolo o fondale marino pieno di greggio.

Ed è proprio quello che serviva all’Occidente per tornare a giocare alla pari con paesi, che forti di un loro potere di ricatto sulle “commodities”, stanno facendo il bello e il cattivo tempo anche in tempi di guerra tra Russia e Ucraina. La fusione nucleare potrebbe scatenare una nuova “corsa nello spazio” o, come ancora oggi accade, una competizione a chi arriva prima a creare armi nucleari. La nuova Unione Sovietica sarebbe essenzialmente la Cina, che non starà con le mani in mano mentre il proprio “nemico” compie progressi insperati su un tema così importante. Il vantaggio segnalato dagli Stati Uniti può dare il via a una competizione sull’energia pulita con effetti benefici per economia e ambiente.

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