Ancora Superbonus, ancora guai per i conti pubblici italiani. E il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha iniziato a perdere la pazienza. A ragion veduta. Perché l’Eurostat, istituto di statistica dell’Unione Europea, potrebbe rivedere a breve i criteri resi pubblici a febbraio per la classificazione degli incentivi edilizi. Allora, li definì “spesa pubblica”, in considerazione del fatto che i crediti d’imposta sarebbero stati riscossi con certezza. Pertanto, il minore gettito fu fatto addossare sul primo anno di fruizione dell’incentivo.

Sul piano macro, una novantina di miliardi di euro di deficit spalmato nel triennio 2020-2022.

Crediti d’imposta, criteri Eurostat incerti

Sta accadendo, però, che con il Superbonus risultano esservi crediti incagliati per diversi miliardi. Si tratta di aziende che hanno iniziato ad effettuare i lavori e che non stanno trovando banche disponibili a rilevare i loro crediti d’imposta. I cassetti fiscali sono perlopiù pieni, cioè gli istituti hanno pochi o nulli margini. Da questa constatazione, l’Eurostat potrebbe rinnegare la sua decisione di febbraio. Poiché la riscossione dei crediti non sarebbe immediatamente certa, questi andrebbero spalmati lungo l’intero periodo di fruizione dell’incentivo.

E sapete cosa implicherebbe tutto ciò per i conti pubblici italiani? Quei 90 miliardi caricati sul triennio 2020-2022 sarebbero spalmati negli anni futuri. Il deficit sarebbe rivisto al ribasso per il passato, ma aumenterebbe sensibilmente per il futuro. Hai voglia a spiegare all’Unione Europea che si tratti di una semplice revisione contabile legata al Superbonus. Con il Patto di stabilità che tornerà in vigore dal 2024, i funzionari della Commissione diventeranno molto più occhialuti e gli spazi di manovra per il governo si azzererebbero del tutto.

Possibile sblocco crediti incagliati

Ecco che Giorgetti starebbe cercando un possibile rimedio a questo scenario sul Superbonus obiettivamente tra il farsesco e il catastrofico: accelerare lo smaltimento dei crediti incagliati, così da indurre Eurostat a non mutare criterio di valutazione.

Come? Liberando spazio nei cassetti fiscali delle banche. Queste cederebbero allo stato i crediti d’imposta e otterrebbero in cambio titoli di stato. Un’ipotesi di cui si parla da anni tra i sostenitori del Superbonus come moneta fiscale parallela all’euro.

Lo scambio tra crediti d’imposta e BTp sarebbe un toccasana, ma da utilizzare con accortezza. Infatti, nuove emissioni equivarrebbero a ulteriore debito pubblico. E il governo ha tutta l’intenzione di scrivere una Nota di Aggiornamento al DEF rassicurando sulla discesa del rapporto debito/PIL anche nel 2024. Dunque, le emissioni di BTp avverrebbero in tutto o in larghissima parte entro la fine di quest’anno. Si libererebbero immediatamente crediti incagliati ed Eurostat non sarebbe spinta a rivedere i suoi stessi criteri. Se tutto andasse bene, sarebbe scongiurato lo scenario di un aggravio del deficit per gli anni prossimi.

Superbonus zavorra per conti pubblici

Resta la sensazione di una legge – quella sugli incentivi edilizi – scritta con i piedi e senza pensare alle conseguenze sul piano fiscale. Il Superbonus ha azzerato già i benefici apportati dalla revisione al rialzo del PIL italiano nel biennio passato da parte dell’Istat. E’ diventato una voragine per i conti pubblici. Di recente, la premier Giorgia Meloni ha spiegato al conduttore di Porta a Porta, Bruno Vespa, che solo su quest’anno graverà per 30 miliardi e per altrettanti dovrebbe gravare sul 2024. Un punto e mezzo all’anno di PIL impegnato per un’operazione che ha portato benefici a un’esigua quota del patrimonio immobiliare italiano e che ha fatto esplodere i prezzi dei materiali da costruzione, ai danni delle famiglie non beneficiarie e con ripercussioni assai gravi per l’inflazione.

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