E’ arrivato il Super Tuesday, il Super Martedì elettorale negli Stati Uniti. Si chiama così, perché al voto andranno ben sedici stati per il Partito Repubblicano e quindici per il Partito Democratico, oltre al territorio delle Isole Samoa americane. Trattasi di Alabama, Alaska (solo per i repubblicani), Arkansas, California, Colorado, Iowa, Maine, Massachusetts, Minnesota, Nord Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont e Virginia. In tutto, ci sono in ballo il 30% dei delegati del Partito Democratico e il 36% per il Partito Repubblicano.

Verso un rematch Biden-Trump

Come avrete capito, stiamo parlando di elezioni primarie, quelle che i due schieramenti celebrano per individuare il candidato a cui assegnare la nomination per correre alla Casa Bianca. Il Super Tuesday nei fatti quasi sempre chiude i giochi, visto che emerge nitidamente il rispettivo vincitore dei due schieramenti. E le attese sono tutte per Donald Trump a destra e Joe Biden a sinistra. Il primo è sfidato da Nikki Haley, che ha vinto solamente nel Distretto di Columbia, mentre il presidente uscente non ha alcun avversario reale. Tuttavia, com’è emerso con il voto di protesta nel Michigan, gli elettori filo-palestinesi tra i dem hanno dimostrato di contare e sapersi contare. Hanno espresso un 13% dei voti “uncommitted”, cioè segnando sulla scheda il riquadro per nessun candidato.

I timori di Biden al Super Tuesday

Anche per questo Biden sta cercando di stringere sul cessate il fuoco a Gaza. Il tema è molto sentito a sinistra, dove la minoranza liberal è arci-critica nei confronti di Israele. A destra Trump ha ottenuto ieri un successo molto importante dalla Corte Suprema, che lo ha riammesso al voto in Colorado dopo che ne era stato escluso per avere guidato l’insurrezione del 6 gennaio 2021 contro il Congresso. I guai giudiziari del tycoon non sono finiti, tra processo proprio per quei fatti e il maxi-risarcimento che è stato condannato a pagare nei confronti di Jean Carroll per diffamazione.

La donna lo accusava di abusi sessuali e egli aveva reagito con espressioni ritenute dai giudici lesive dell’onorabilità della vittima.

Trump molto forte nei caucus

Parlare di primarie non è sempre tecnicamente corretto. La legislazione statunitense distingue, infatti, tra primarie e “caucus”. Le prime sono aperte anche agli elettori non iscritti al partito, i secondi no. A permettere le primarie sono Alabama, Arkansas, Minnesota, Texas, Vermont e Virginia. Trump è considerato particolarmente forte tra i caucus, in quanto vi si recano al voto gli elettori fedelissimi dei repubblicani, tra cui risulta più facile attirare la base più movimentista.

Haley non ha quasi alcuna chance di farcela. L’ex ambasciatore delle Nazioni Unite, nominata nel ruolo proprio da Trump e già governatrice della Carolina del Sud (in cui ha perso nettamente nei giorni scorsi), non ha più il sostegno finanziario dei fratelli Koch, ricchi fautori storici del GOP. E i soldi sono il carburante per fare campagna in lungo e in largo negli States. L’obiettivo della fronda anti-Trump di sbarrargli la strada verso la nomination appare fallito.

Dem pronti a “tradire” Biden?

Salvo sorprese, dunque, dopo il Super Tuesday di oggi assisteremo formalmente ad una seconda sfida tra Trump e Biden, stavolta con il secondo alla Casa Bianca. I dubbi crescono tra i dem. Il presidente uscente ha 81 anni ed è giudicato in condizioni psico-fisiche inidonee per trascorrere altri quattro anni a Washington. Tra le numerose voci di queste settimane, l’ipotesi non del tutto peregrina che alla convention di maggio i delegati gli preferiscano un altro candidato. Tra i nomi in ballo, il governatore della California Gavin Newsom e l’ex First Lady, Michelle Obama.

Biden impopolare, malgrado l’economia USA

Certo è che sconfessare il presidente uscente e dopo che sulla carta avrebbe ottenuto la nomination, sarebbe un’operazione mediatica tutt’altro che semplice.

Il guaio è che la stampa stessa di sinistra ormai ammette apertamente che, oggi come oggi, se si andasse ad elezioni vincerebbe Trump. Questi promette di smantellare la Bidenomicsvale a dire la politica economica del suo avversario, nonché di porre fine “in ventiquattro ore alla guerra in Ucraina”. Persino gli elettori dem, stando ai sondaggi, considererebbero l’ex presidente più credibile di Biden sul conflitto in Israele.

L’estrema impopolarità dell’attuale inquilino alla Casa Bianca cozza con lo stato apparentemente smagliante dell’economia americana. Contrariamente all’Europa e al Giappone, il Pil cresce, la disoccupazione resta vicina ai minimi da oltre mezzo secolo e l’inflazione, pur sopra il target del 2%, è rientrata dai massimi del 2022. Gli stessi redditi dei lavoratori sono stati capaci di recuperare la perdita del potere di acquisto con aumenti salariali superiori al tasso d’inflazione nei periodi “caldi” del boom dei prezzi.

Trump senza avversari forti al Super Tuesday

Eppure l’insoddisfazione esiste ed è diffusissima, al punto che, similmente al 2016, Trump punta sul voto dei lavoratori, specie in stati chiave come il Michigan, sede dell’automotive. Non che la sua nomination a destra sia eventualmente accolta con soddisfazione unanime. Tutt’altro. Basti pensare che il leader del GOP al Senato, Mitch McConnell, ha annunciato che si dimetterà dal ruolo dopo oltre un ventennio, al termine del mandato attuale nel gennaio 2025. Ma Trump è considerato non solo l’unico candidato potenzialmente vincente alle elezioni presidenziali, bensì anche senza avversari interni degni di nota. Lo spoglio di stasera dovrebbe confermare la fine della corsa per Haley.

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