Le cattive notizie si moltiplicano su più fronti per Chiara Ferragni, la più importante imprenditrice digitale d’Italia. Dopo che ieri la Guardia di Finanza aveva fatto visita agli uffici di Fossano (Cuneo) di Balocco, la Procura di Milano ha iscritto l’imprenditrice digitale e l’ad della società dolciaria, Alessandra Balocco, nel registro degli indagati per l’ipotesi di “truffa aggravata”. La prima si dice “serena” e dispiaciuta per gli attacchi mirati di una parte della stampa.

Altri affari nel mirino dei giudici

E i pm di Milano e la Guardia di Finanza hanno acceso i fari sulla bambola Trudi, un’edizione limitata lanciata nel 2019 e il cui ricavato è stato promesso in beneficenza contro il cyberbullismo e le discriminazioni ai danni della comunità Lgbt.

Stavolta, Tbs Crew ha voluto immediatamente replicare alle indiscrezioni, chiarendo che l’intero ricavato sarebbe andato alla campagna Stomp Out Bullying, al netto delle spese versate al provider esterno che gestiva le vendite online. A tale proposito, ha fatto presente che la beneficenza riguardò i soli ricavi sul canale e-commerce.

Insomma, le cose si mettono male per l’influencer, sebbene ieri il suo profilo Instagram abbia registrato il primo aumento dei follower dallo scoppio del pandoro-gate. In queste tre settimane, il calo era stato di 215 mila unità. Pur irrilevante in termini percentuali, è il trend a preoccupare.

Sponsor in fuga da Ferragni

Safilo era stato il primo sponsor a mollare Chiara Ferragni per “inadempienze contrattuali”. Pochi giorni più tardi, seconda batosta da Coca Cola: stop alla collaborazione. Lo spot con l’influencer come testimonial durante il Festival di Sanremo non sarà mandato in onda. A proposito, sotto le lenti è finito anche il cachet della co-conduzione di un anno fa, che la donna promise di devolvere in beneficenza. E l’azienda di moda Monnalisa sta valutando anch’essa se interrompere la collaborazione.

L’immagine dell’imprenditrice è più appannata che mai. C’è forte imbarazzo delle società ad associarla ai propri prodotti. Prova ne è che il profilo social non pubblicizza alcunché da quando è sorto lo scandalo.

In effetti, non è tanto la vicenda sul piano giuridico a poter far tremare l’impero mediatico e societario di Chiara Ferragni. La cattiva reputazione per chi vende sostanzialmente solo la propria immagine equivale alla scoperta del vino al metanolo negli anni Ottanta per le società produttrici. La fiducia del consumatore è generalmente legata alla qualità/salubrità del prodotto o servizio, ma nel caso di un’imprenditrice digitale essa riguarda l’immagine, sebbene l’influencer abbia anche proposto il proprio brand per sponsorizzare prodotti fabbricati da terzi.

I flop prima del pandoro-gate

Chiara Ferragni è stata brillante nel vendere il suo successo, disastrosa nella gestione comunicativa della sua prima crisi aziendale. Ma chi pensa che sia stato il pandoro-gate a minacciare l’aura di perfezione dell’impero mediatico-societario, forse dovrebbe leggere qualche dato. Vi ricordate il boom delle azioni Safilo sull’annuncio della collaborazione con l’influencer nel 2021? Ebbene, il loro valore era tornato ai livelli pre-collaborazione già prima del caso. E anche con Tod’s le cose non si sono messe bene, con il titolo in borsa ad essersi dimezzato di valore dal picco di tre anni fa.

L’idea che associare il nome di Chiara Ferragni ad un prodotto portasse automaticamente a un aumento delle vendite si è rivelata sbagliata. I quasi 30 milioni di follower su Instagram non corrispondono ad altrettanti consumatori certi. Questo lo si è sempre saputo, ma forse gli sponsor erano un po’ eccessivamente ottimisti sui risultati. D’altra parte sbaglia anche la premier Giorgia Meloni quando ribadisce in conferenza stampa che chi fabbrica un prodotto debba essere apprezzato di più di chi lo griffa.

L’economia italiana non è solo manifattura e il marketing è una componente fondamentale di essa.

Chiara Ferragni rischia di trasformarsi in un marchio tossico

Insomma, una cosa è mettere in dubbio il modo di fare affari di Chiara Ferragni, un’altra il business del mondo legato alle promozioni commerciali, ingrediente fondamentale per il successo di un’azienda. Puoi produrre il panettone più buono al mondo, ma se non lo sai vendere, resta sugli scaffali o forse neppure vi ci arriva. Adesso, però, serve capire quanto tempo debba occorrere per riprendere a postare pubblicità di prodotti sul proprio profilo social. Il rischio è che la vicenda comporti danni a lungo termine irreparabili e che la ripartenza non possa mai avvenire del tutto in un clima di relativa serenità.

Supera già abbondantemente il milione di euro il cosiddetto lucro cessante, vale a dire il mancato fatturato in oltre tre settimane di silenzio social. Alcuni contratti sono stati rescissi, altri inevitabilmente non arriveranno, mentre prodotti a marchio Chiara Ferragni come i gioielli erano stati un flop quando già le cose andavano a gonfie vele. Servirà rimettere mano a Tbs Crew e Blonde Salad, le società dell’influencer, al fine di renderle più adeguate alla gestione di crisi aziendali come quella in corso. Soprattutto, d’ora in avanti la coppia avrà difficoltà ad esporsi con convinzione su qualsiasi tema. Le verrà rinfacciato a lungo l’assenza di titoli “morali” per giudicare chicchessia.

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