Sono -150 mila i follower di Chiara Ferragni su Instagram da quando è esploso il “pandoro-gate”, mentre il marito Fedez se l’è cavata con un -73 mila. Numeri affatto preoccupanti per due dei principali influncer italiani, considerato che insieme ancora facciano intorno a 44,5 milioni di seguaci sul principale social sul quale operano. Ma non c’è spazio per il conforto per la coppia. La scorsa settimana, la società di occhiali Safilo ha rescisso il contratto con l’imprenditrice digitale per “inadempienze contrattuali”.

Si mormora che altri tre sponsor la starebbero mollando per allontanare da sé l’immagine negativa di questo scandalo che riguarda la mancata beneficenza a favore dei bambini malati dell’ospedale Regina Margherita.

Chiara Ferragni unisce una volta tante Lucarelli e Meloni

Su Chiara Ferragni in questi giorni si è scritto talmente tanto che sembra non essere rimasto nulla su cui concentrarsi. Invece, la nostra attenzione è stata attirata da una frase di Selvaggia Lucarelli. La giornalista da anni è in “guerra” social con la coppia e a lei si deve la scoperta che anche sulle uova di Pasqua lo schema del pandoro sarebbe stato seguito: quattro lire alla beneficenza, cachet altissimi per l’influencer.

Commentando le esternazioni della premier Giorgia Meloni ad Atreju di due domeniche fa, Lucarelli ha affermato che ella avrebbe colto il fastidio tra gli italiani verso l’ostentazione della ricchezza. Dobbiamo precisare che la giornalista non sia ascrivibile alle personalità anche solo lontanamente vicine al centro-destra. Anzi, in questi anni i suoi attacchi proprio a Meloni e Matteo Salvini sono stati durissimi e frequenti. Ma si sa, il nemico del mio nemico può diventare provvisoriamente un mio amico.

Non è solo invidia sociale

C’è del vero nelle parole di Lucarelli a mezzo Facebook. Chiara Ferragni ispira antipatia tra una parte rilevante dell’opinione pubblica per l’ostentazione cafonal della ricchezza.

E’ reato? Assolutamente, no. Invidia sociale? E’ un’espressione utilizzata sempre più a sproposito quando si vuole difendere il cattivo gusto di qualche arricchito in cerca di visibilità. L’Italia è una nazione tendenzialmente invidiosa nei confronti di chi ce l’ha fatta a scalare le vette sociali. Il successo altrui rimarca la mediocrità di tanti altri. E nessuno vuole ammettere a sé stesso di essere un mediocre. Meglio additare per i propri fallimenti l’anonima società, la politica, lo stato, la scarogna, ecc.

Tutto vero. Ma questi discorsi andavano bene fino a qualche anno addietro. Silvio Berlusconi fu forse il personaggio che più cavalcò i propri successi imprenditoriali per mostrarsi vincente e riscuotere consensi e simpatie. Per questo fu odiatissimo a sinistra e tra certi ambienti cattolici, dove prevale un forte moralismo di matrice progressista. Negli ultimi anni, però, prima della sua morte di sei mesi fa, l’ex premier si guardò bene dal proseguire con tale strategia comunicativa. Il suo fiuto infallibile gli suggerì di proiettare di sé un’immagine più austera.

Italiani stanchi di stare davanti alla vetrina altrui

Cos’è cambiato in questi anni? Il successo è diventata la vetrina di un negozio sempre più inaccessibile. Gli italiani hanno atteso per molti anni che arrivasse il proprio turno, salvo rendersi conto che le loro condizioni di vita, anziché progredire, peggiorassero. Gli stipendi sono fermi da oltre trenta anni. Un lavoratore italiano guadagna, al netto dell’inflazione, quanto nei primi anni Novanta. Non è accaduto in alcun altro paese avanzato. Gli standard di vita si sono deteriorati e non per ragioni di mediocrità, bensì per il tracollo di un Paese ormai diventato periferia di tutto. Non che prima fossimo epicentro del globo, ma perlomeno riuscivamo a restare agganciati alle grandi economie mondiali.

Chiara Ferragni è la massima rappresentazione di chi sbatte il proprio successo in faccia ai più, attirando su di sé l’ammirazione di chi vuole immedesimarsi in stili di vita inarrivabili per le proprie condizioni socio-economiche.

Ma tale ammirazione si fonda semplicemente sull’immagine patinata di chi esibisce la propria presunta perfezione. E’ nei fatti una finzione. E questo lo sappiamo o dovremmo saperlo tutti. Dietro quell’ammirazione non c’è alcunché di solido. Basta una minima caduta dell’immagine per trasformarsi persino in odio.

Chiara Ferragni vittima anche del periodo storico

Qualche anno fa, il “pandoro-gate” sarebbe passato in cavalleria. I giornali avrebbero riportato con un trafiletto la notizia della sanzione dell’Antitrust a carico di Chiara Ferragni e sarebbe finita lì. Ma il periodo storico è diverso rispetto a pochi anni fa. Gli italiani sono stanchi di aspettare che arrivi il proprio turno per migliorarsi. Hanno capito che non siano state neppure poste le basi affinché ciò si concretizzi. E iniziano da tempo a guardare con disgusto verso l’ostentazione di successi dovuti a dubbia meritocrazia.

E’ forse difficile comprendere che dietro al prendere tanti like si nasconde una vera e propria attività d’impresa. La verità è che in pochi si capacitino del perché una Chiara Ferragni debba percepire un milione di euro per reclamizzare una falsa opera di beneficenza, atteso che i risultati in termini di vendite non sembrerebbero giustificare tali cachet. E questo varrebbe un po’ per tutti i grandi influencer: costano tanto e rendono poco.

Il web non perdona ai Ferragnez l’ipocrisia

Soprattutto, i Ferragnez hanno peccato di sovraesposizione mediatica e hanno cavalcato le campagne “cool” per ampliare la base di follower, pur con grande ipocrisia. Girano col jet privato e fanno appello agli altri per rispettare l’ambiente. Sono pro-Lgbt e femministi, ma Fedez non ha mai chiesto scusa per certi testi omofobi e sessisti del suo passato di rapper e la moglie non se l’è mai sentita di prenderne le distanze. Sono a favore dei più poveri, ma ostentano “riccanza” da mattina a sera.

Mostrano sensibilità su ogni tema, ma non disdegnano di sfruttare l’immagine dei figli per arricchire la propria raccolta di post, video e storie sui social.

L’errore madornale di Chiara Ferragni è stato di chiedere scusa confermando il ricorso al Tar contro la decisione dell’Antitrust e, in particolare, annunciando di donare un milione di euro in beneficenza. Il popolo del web si è sentito preso in giro, come se l’imprenditrice avesse voluto comprare il perdono del pubblico. Patetico anche il tentativo di apparire dimessa nel video-messaggio, indossando una tuta che si è scoperto subito dopo essere venduta per 600 euro. Il vestito dell’ipocrisia in certi ambienti è sempre stato indossato per accorciare le distanze con il pubblico pagante, ma non è da tutti saperlo portare con stile. E almeno in fatto di stile, i Ferragnez sono poveri.

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