Non si ferma la corsa della spesa per le pensioni. E non stiamo parlando di prepensionamenti, bensì dell’effetto inflazione. Gli assegni di chi è in quiescenza sono annualmente rivalutati sulla base dell’indice dei prezzi al consumo. Lo scorso anno, l’Istat registrò un +8,1%. E così, gli esborsi a carico della previdenza sono aumentati per quest’anno di ben 21 miliardi di euro su una spesa di 297 miliardi nel 2022. Solo che non era tutto. Infatti, il Ministero di economia e finanze aveva provvisoriamente fissato al +7,3% la rivalutazione degli assegni, in attesa di disporre dei dati definitivi sull’inflazione nell’intero anno.

La differenza o conguaglio dello 0,8% dovrà, quindi, essere corrisposta ai pensionati al prossimo gennaio.

Tuttavia, il governo Meloni ha deciso di anticipare il pagamento. Avverrà a fine anno, verosimilmente tra novembre e dicembre. Due le ragioni: offrire sollievo a una categoria colpita dal carovita e far ricadere la spesa per le pensioni extra sull’anno in corso, dato che dal 2024 scatteranno le limitazioni del Patto di stabilità sui conti pubblici. Ricordiamo che la rivalutazione spetta integralmente a coloro che percepiscono fino a quattro volte il trattamento minimo. Al di sopra di tale importo, sin da quest’anno è stato applicato un décalage più duro fino a prevedere solamente il 32% per gli assegni sopra dieci volte il minimo.

Conguaglio pensioni a novembre o dicembre

Ciononostante, la spesa per le pensioni è destinata a correre anche nel 2024. La media dell’inflazione italiana nei primi nove mesi di quest’anno è stata del 7,2%. A questi livelli, saremmo ben oltre le previsioni del governo. Ed è così che ci si aspetta che l’Inps dovrà sborsare più di 340 miliardi, dai 318 di quest’anno. E dire che molti miliardi sono già stati e saranno risparmiati negli anni futuri proprio “grazie” al décalage introdotto per il biennio 2023-2024.

Anche se non fosse confermato negli anni successivi, avrebbe il merito di avere abbassato definitivamente la base di calcolo da cui partire per le rivalutazioni successive.

Tornando al conguaglio, le cifre variano a seconda di quant’è l’assegno. Grosso modo, una cinquantina di euro una tantum per gli assegni minimi. Ed esso incrementerà a sua volta l’importo mensile su cui calcolare la rivalutazione per il 2024. Ad esempio, se un pensionato percepisce 800 euro lordi al mese, cioè 10.400 euro per tredici mensilità, il conguaglio spettante sarebbe di 83,20 euro. Al netto di Irpef e addizionali, risulterà chiaramente più basso. Soldi che arriveranno a ridosso delle festività natalizie e magari con la tredicesima di dicembre. Non proprio un toccasana per i conti di milioni di famiglie, ma perlomeno una buona notizia.

Boom spesa pensioni lega mani a governo

Il punto è che questa corsa sfrenata della spesa per le pensioni limita fortemente i possibili interventi del governo per sventare un ritorno secco alla legge Fornero. Quasi certamente, si opterà per confermare Quota 103: in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Possibile anche l’ampliamento della platea interessata all’Ape Sociale. Chi si aspetta soluzioni più radicali, resterà deluso. La spesa per le pensioni punta a superare il 16% del PIL, tra l’altro con un PIL atteso in frenata e gli occhi della Commissione europea e dei mercati su Roma. Lo spread è già salito a 200 punti, colpi di testa non saranno possibili. Il capitolo previdenza assorbe già fin troppe risorse per un’economia che ristagna da decenni, con bassissime nascite e una popolazione tra le più anziane al mondo.

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