“Siamo alla vigilia di uno shock deflazionistico”. A lanciare l’allarme è stato Russell Napier, consulente della CLSA-Asia Pacific Markets, uno dei più grossi broker dell’azionariato nella regione dell’Asia-Pacifico.

Secondo Russell, i prezzi sono in discesa in tutto il mondo e negli USA l’inflazione è all’1,1%, mentre nell’Eurozona è già al di sotto dell’1% (in Italia siamo allo 0,6% di novembre e in Grecia al -1,9% di ottobre). Questo indicherebbe che saremmo vicini a una spirale della deflazione, caratterizzata da prezzi in discesa, cosa che trascinerebbe al ribasso anche le azioni.

 

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A tale proposito, cita i tre esempi che dal 1997 dimostrerebbero come con un’inflazione al di sotto dell’1% in America, coloro che hanno scelto di investire in azioni si sono esposti a rilevanti perdite. I tre casi sono la bancarotta russa del 1998 e il crollo di LTCM, gli attentati contro le Torri Gemelle del 2011 e il crac di Lehman Brothers.

Secondo Russell, questi tre eventi sono stati preceduti da periodi di bassa inflazione negli USA, che poi si sono aggravati con un tasso d’inflazione ancora minore. Pertanto, invita chi ha azioni ad uscire dal mercato, in modo da anticipare un possibile evento negativo e quello che ritiene possa essere uno shock creditizio.

Come capire quando l’allarme si avvicina? Tre i dati che il manager suggerisce: il prezzo del rame, che se diminuisse, porterebbe l’economia americana verso uno stato deflazionistico; la differenza tra i rendimenti dei Treasuries quinquennali e i titoli protetti dall’inflazione; lo spread con i corporate bond BAA.

In particolare, se il differenziale di cui sopra scendesse dall’attuale 1,86% a circa 1,50% o anche meno, sarebbe il segnale che la deflazione è in arrivo. Lo stesso, se lo spread con i corporate bond BAA salisse dai 262 punti base di questi giorni ai 300 punti o oltre.

Il paradosso che Russell cita è che attualmente i mercati si galvanizzano per tutto ciò che di negativo accade all’economia reale, perché ciò implica che il QE3 (gli stimoli monetari della Federal Reserve) sarà proseguito. Addirittura, la dimostrazione che lo stesso QE3 abbia fallito nel fare crescere il pil a livelli soddisfacenti e nell’impattare positivamente sull’occupazione è visto in sé dagli investitori come un dato positivo, perché significa che non sarà sospeso presto. Ennesima conferma della droga monetaria di questi anni.