Il discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella è stato forse uno dei più concilianti di sempre. Tra le forze politiche non si sono registrati distinguo, anzi sono arrivate parole di apprezzamento dalla premier Giorgia Meloni. Ella ha sentito il dovere di ringraziare il capo dello stato per le parole di incoraggiamento rivoltele dal Quirinale. Un messaggio asciutto e al contempo di alto profilo quello di Mattarella, il quale, purtroppo, si è prestato a una strumentalizzazione su una frase estrapolata dai giornali.

Eccola:

La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte, perché questo serve a far funzionare l’Italia e, quindi, al bene comune.

Tasse e gettito, questione irrisolta

Il discorso di Mattarella in sé non fa una grinza: i servizi pubblici si pagano con le tasse pagate dai contribuenti. Un appello al senso civico, che definiremmo persino scontato, visto che arriva dal massimo rappresentante delle istituzioni nazionali. Eppure, i giornali hanno avuto l’ardire di titolare che il presidente avrebbe più stringatamente affermato che “la Repubblica è di chi paga le tasse”. Non è da oggi che la stampa cavalca la questione dell’evasione fiscale per dividere i buoni dai cattivi e per fare ricadere sui secondi tutti i mali della nostra società. Gli ospedali sono ingolfati? Colpa di chi evade le tasse. Le scuole cadono a pezzi e le strade rimangono piene di buche alle prime piogge autunnali? Sempre colpa degli evasori.

La logica sottostante a questo ragionamento è che se lo stato avesse più soldi, potenzierebbe i servizi pubblici. Citando Lucio Dalla, ci sarebbe da mangiare e luce tutto l’anno. Peccato che ai fautori di questo pensiero sfugga che in Italia abbiamo una delle più alte pressioni fiscali al mondo e che lo stato già spende oltre la metà del PIL. Quest’anno, supereremo i 1.000 miliardi di euro di spesa pubblica.

Se c’è un problema di fisco, non è certo la carenza di gettito. Questi cresce di anno in anno, mentre i servizi diventano sempre più scadenti. Se ipotizzassimo che il gettito fiscale raddoppiasse, pensate che crescerebbero proporzionalmente la quantità e la qualità dei servizi pubblici? Sprechi e inefficienze, si calcola, valgono il doppio del mancato gettito per evasione.

Quello di sabato scorso non è stato il primo discorso di Mattarella sul tema. Già alla fine del 2019, il presidente affermò che “l’evasione fiscale è indecente“. E anche in quel caso sorsero polemiche per via delle strumentalizzazioni politiche contrapposte. Tuttavia, stavolta i fautori della caccia all’evasore rischiano il boomerang, nonché di stravolgere il senso delle parole del Quirinale, finendo di seminare divisioni inaspettate. L’esatto contrario dell’obiettivo di Mattarella. In primis, chi paga le tasse? Un po’ tutti. Ci sono decine tra imposte e balzelli che sosteniamo nel corso di una giornata ordinaria e di cui forse neppure ci rendiamo conto. Persino l’evasore più incallito finisce per pagarle, perché comunque fa la spesa, paga le bollette, fa benzina, fuma, beve e, quindi, versa perlomeno l’IVA e le accise.

Discorso di Mattarella boomerang per chi strumentalizza

Ma è evidente che il discorso di Mattarella abbia riguardato perlopiù, pur non esclusivamente, l’IRPEF. L’imposta sui redditi delle persone fisiche è oggetto di particolare attenzione mediatica. Tutti sappiamo quanto siano spesso sottostimati i redditi dichiarati di molti contribuenti e quanti non siano affatto dichiarati al Fisco. Detto ciò, sarebbe un boomerang citare il capo dello stato per scatenare una caccia all’evasore. I numeri di Itinerari Previdenziali ci spiegano che il 45% dei contribuenti dichiari meno di 15.000 euro all’anno e contribuisca per appena il 2,3% del gettito dell’imposta. Viceversa, il 60% è pagato da appena il 13% dei contribuenti. Se strumentalizzassimo il discorso di Mattarella, dovremmo dire che la Repubblica sia di chi dichiari oltre 35.000 euro lordi all’anno.

E vogliamo parlare delle disparità tra Nord e Sud? L’evasione fiscale nel Meridione è spesso una piaga, a causa sia degli scarsi controlli, così come anche della criminalità organizzata, delle dimensioni minuscole di molte aziende e per pura sopravvivenza. Dunque, la Repubblica sarebbe di chi vive al Nord? E cosa dire dei titolari di grosse aziende con sedi fiscali all’estero, magari in qualche bel paradiso? Scopriremmo forse che qualcuno di loro è proprietario di uno o più grandi giornali, ma, stando al discorso di Mattarella come riportato da certa stampa, non avrebbe diritto di cittadinanza. Possiamo scommetterci che non la prenderebbe bene!

Per concludere, usare le parole del presidente per scatenare la solita caccia al cattivo di turno o una vera lotta di classe non è solo eticamente dubbio, ma anche un calcolo sbagliato. Le sacche di evasione si annidano spesso dove fingiamo che non esistano. Va a finire che la Repubblica non sarebbe di chi percepisce sussidi senza averne diritto e magari dispone di redditi occultati al Fisco, di chi ha redditi troppo bassi per contribuire alle spese dello stato e di chi risiede in alcune regioni anziché in altre. Lasciamo stare il discorso di Mattarella, che come sempre punta ad unire la Nazione e non a dividerla tra guelfi e ghibellini.

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