La “pace” fiscale si allarga. Non riguarderà le sole cartelle esattoriali inviate ai contribuenti fino al 2015. Il governo Meloni studia una nuova “voluntary disclosure” dopo quella del governo Renzi nel 2014. Si tratta di una sanatoria per il rientro dei capitali dall’estero. La misura nasce dall’esigenza di far quadrare i conti pubblici in una fase delicatissima per l’economia italiana. Il PIL rischia la recessione nel 2023, mentre già con la legge di Bilancio il deficit-obiettivo è stato innalzato dal 3,4% al 4,5% del PIL.

Una mossa che consente al governo di recuperare altri 21 miliardi di euro da destinare agli aiuti contro il caro bollette.

Ma per evitare di sforare anche questo nuovo obiettivo fiscale, la premier Giorgia Meloni ha allo studio con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, una nuova sanatoria sui capitali esteri. A differenza del 2014, quando si applicò ai patrimoni esportati illegalmente nei decenni precedenti, stavolta riguarderebbe gli ultimi due anni.

In cosa consisterebbe la sanatoria? Chi detiene all’estero patrimoni mai rivelati al Fisco, magari frutto di sotto-dichiarazioni dell’export o persino di attività illecite, potrà regolarizzare la propria posizione. Come? Versando al Fisco tutte le imposte dovute, cioè sui redditi delle persone fisiche, delle imprese e l’IVA. In cambio otterrà uno “scudo” penale e l’assenza di comminazione di sanzioni. In altre parole, la giustizia non potrà indagare circa l’origine di tali capitali e né il Fisco potrà applicarvi le dovute sanzioni e gli interessi altrimenti dovuti.

Sanatoria rientro capitali dall’estero, gettito atteso molto basso

C’è da dire, però, che la sanatoria rischia di rivelarsi un flop per lo stato. Le adesioni saranno scarse nel caso in cui gli anni di applicazione fossero appena un paio e le imposte da versare tutte quelle dovute. Per questo è possibile che il Parlamento ne estenda la fruibilità a più anni.

D’altra parte il governo non vuole lanciare il messaggio che evadere le tasse conviene, perché magari prima o poi potresti versarne di meno e metterti in pace con il Fisco.

Il gettito derivante dalla sanatoria, tuttavia, non è stimabile. A fronte dei 200 miliardi di capitali detenuti all’estero stimati allora dal governo, nel 2014 la “voluntary disclosure” portò nella prima fase di applicazione un gettito di 4 miliardi. Ma quella misura era molto più vasta di quella che ha in mente il governo Meloni. Né possiamo immaginare se da allora l’ammontare dei capitali esportati illegalmente all’estero siano diminuiti o aumentati.

Tirando le somme, la sanatoria avrebbe un impatto di qualche decimale di punto di PIL in termini di gettito fiscale. Lo stesso dicasi per le cartelle esattoriali oggetto di pace fiscale. Insomma, briciole che serviranno a coprire maggiori spese (vedi pensioni) e minori entrate (mini-flat tax). Ma essenziali per non farsi rispedire la legge di Bilancio indietro da Bruxelles. La disciplina di bilancio non può essere persa di vista. I mercati stanno reagendo bene ai primi passi del nuovo esecutivo. E la premier non vuole compierne di falsi.

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