Dal Forum Economico Mondiale di Davos, Svizzera, il premier olandese Mark Rutte ha rinnovato tutto il suo scetticismo verso alcuni dei partner europei. L’attacco diretto è stato ad Italia e Francia, colpevoli di essere molto indebitati e di pretendere – specie il nostro Paese – l’istituzione di un altro fondo finanziato con debito comune per finanziare la transizione energetica. “Di fondi comuni ce ne sono già tanti”, ha tuonato. E l’olandese ha puntato il dito, in particolare, contro i due paesi sulla necessità che riformino i rispettivi sistemi previdenziali.

Ha notato che la spesa per le pensioni in Italia e Francia sia compresa tra il 10% e il 15% del PIL, mentre in Olanda è solo al 5%. E questo, ha spiegato, sottrae risorse da destinare alle famiglie contro l’inflazione.

Spesa pensioni 5% del PIL in Olanda

Gli ultimi dati ufficiali dell’OCSE relativi al 2020 vedono l’Italia in testa con una spesa per le pensioni pari al 15,6% del PIL, seguita dalla Francia con il 13,6%. In Germania, si fermava al 10,2%. La media OCSE si attestava nel 2017 al 7,7% ed effettivamente quell’anno in Olanda stava soltanto al 5,2%. Sembra che Rutte abbia ragione. E i pensionati olandesi non sono certo noti nel mondo per passarsela male. Anzi, secondo il Mercer CFA Institute Global Pension Index 2022, il sistema previdenziale olandese risultava l’anno scorso essere il secondo più sostenibile tra i 44 monitorati nel mondo, dietro solo l’Islanda e davanti alla Danimarca. L’Italia figurava solamente in 34-esima posizione con 55,7 punti, superata per un pelo da paesi come Perù e Brasile (55,8).

Come funziona previdenza in Olanda

Soprattutto, il sistema previdenziale italiano risulta ultimo tra i 17 paesi europei monitorati. La nostra spesa per le pensioni è tripla rispetto all’Olanda. Come fa, dunque, Rutte a garantire assegni dignitosi ai suoi pensionati spendendo così poco? La risposta la offre una panoramica sulla previdenza olandese.

Tutti coloro che vivono e lavorano nei Paesi Bassi ogni anno maturano il 2% della AOW (Algemene Ouderdomswet), una pensione pubblica di base. Con 50 anni di residenza/lavoro si ottiene l’assegno pieno, pari ai tre quarti del salario minimo. Dal 2024, serviranno almeno 67 anni di età per percepirlo. Fino a quest’anno, si può andare in pensione a 66 anni.

L’assegno pieno con l’AOW è stato fissato per il 2023 a 1.353 euro per un pensionato single con diritto alle detrazioni fiscali e a 1.082 euro senza il diritto alle detrazioni. Per un pensionato sposato o convivente, invece, l’importo scende rispettivamente a 921 e 736 euro. Questa è una pensione minima che lo stato non versa in cambio di veri contributi previdenziali, bensì attingendo alla fiscalità generale. Parliamo grosso modo di assistenza. Tant’è che non è richiesto un posto di lavoro per maturare i requisiti. Dopodiché, i lavoratori possono aderire ai fondi pensione privati negoziati tra imprese e sindacati. In molti casi, l’adesione è stata resa obbligatoria. Infine, esiste chiaramente la possibilità di contrarre una polizza assicurativa da privato cittadino.

Alla fine del 2021, i fondi pensione in Olanda detenevano asset per 1.588 miliardi di euro. Questo era l’ammontare delle pensioni future degli iscritti, pari al 185% del PIL. Nel corso del 2022, il valore di tali asset è sceso per effetto della crisi dei mercati. Ad ogni modo, il sistema previdenziale olandese regge e risulta tra i più solidi al mondo. Perché Italia e Francia non lo imitano? A vedere le manifestazioni di Parigi contro la riforma delle pensioni, diremmo che una simile prospettiva non sia neppure proponibile. Il presidente Emmanuel Macron è stato messo in croce per avere immaginato di aumentare da 62 a 64 anni l’età pensionabile.

Sistema olandese in Italia?

Il problema, però, è più complesso e di natura tecnica. Passare al sistema olandese, che sostanzialmente è privatistico con una forte garanzia di base statale costerebbe troppo.

Infatti, la spesa per le pensioni quasi al 16% del PIL in Italia chi la pagherebbe se i lavoratori versassero i contributi ai fondi pensione privati? A quel punto, dovrebbe occuparsene lo stato per intero attraverso la fiscalità generale. Ma caricare su di essa altri 13-14 punti di PIL risulterebbe impossibile, anche perché partiamo da livelli di pressione fiscali altissimi.

Questo significa essenzialmente che il sistema olandese resta decisamente migliore del nostro, ma non è imitabile. Lo sarebbe stato quando l’Italia godeva di una demografia assai favorevole e di una conseguente spesa per le pensioni contenuta. Essa era al 5% del PIL nel 1960, cioè oltre sessanta anni fa. A quel tempo, eravamo come l’Olanda di oggi. Ci saremmo potuti permettere una simile riforma, ma non vi fu né la volontà politica, né la lungimiranza per capire l’evoluzione che avrebbe subito la nostra previdenza.

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