Ha oltrepassato 1,09 il cambio euro-dollaro nelle contrattazioni di questa mattina, salvo riscendere poco sotto subito dopo. La soglia di 1,10 è sempre più vicina. E’ stata mancata dallo scorso mese di aprile. Fatto sta che alla fine di settembre, il cross era crollato a poco più di 0,95, ai livelli più bassi dal 2002. Da allora, il rialzo è stato del 14%. Sarebbe più opportuno considerarlo un recupero parziale, visto che il 2022 aveva aperto a quasi 1,14. L’inversione di tendenza ha molto a che vedere con la (minore) divergenza monetaria tra Federal Reserve e Banca Centrale Europea (BCE).

Così come ad essa fu dovuto il crollo dell’anno passato.

Pesa convergenza sui tassi

Gli Stati Uniti hanno iniziato ad aumentare i tassi d’interesse con quattro mesi di anticipo rispetto all’Eurozona e, almeno nella prima fase, lo hanno fatto con maggiore convinzione. Ciò ha portato il cambio euro-dollaro a schiantarsi in pochi mesi. Da almeno un paio di mesi, il mercato sta scontando lo scenario opposto, cioè di tassi FED quasi al culmine e tassi BCE ancora con maggiori margini di crescita.

Questo scenario, tuttavia, cozza con il recente calo dei rendimenti sovrani nell’Eurozona. Esso risulterebbe essere la conseguenza di aspettative meno “hawkish” sui tassi BCE. Allo stato attuale, però, dobbiamo considerare che i tassi FED in termini reali siano al -2% contro il -6,70% dei tassi BCE. Evidentemente, il mercato prevede un veloce processo di disinflazione nell’Eurozona. Ricordiamoci che l’esplosione dell’inflazione nel nostro continente fu dovuta essenzialmente alla crisi energetica. E il prezzo del gas alla borsa olandese è crollato già ai minimi dal settembre 2021, segnando -83,50% dai massimi toccati a fine agosto.

Cambio euro-dollaro ancora su a fine 2023?

C’è dell’altro nella risalita del cambio euro-dollaro. Il rischio di recessione nell’Eurozona sta riducendosi grazie alla resilienza mostrata dall’economia alla crisi energetica, peraltro in affievolimento.

Ciò eviterebbe alla BCE di dover tagliare i tassi subito dopo la conclusione della stretta monetaria. Viceversa, non sembra più così certo che gli Stati Uniti riescano a sfuggire alla recessione dopo la corsa del PIL nei trimestri passati e seguita alla pandemia.

I tassi BCE sono attesi fino al 3,50% nel settembre prossimo. Non ci sarebbe alcun taglio entro la fine di quest’anno, contrariamente ai tassi FED, attesi in calo di mezzo punto percentuale dopo il picco di metà 2023. Ciò significa che il cross valutario avrebbe margini di ulteriore recupero specialmente nella seconda parte dell’anno. La risalita del cambio euro-dollaro contribuisce, infine, alla stessa disinflazione nell’Eurozona. Il costo dei beni importati si riduce e ciò impatta favorevolmente sul potere di acquisto dei consumatori.

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