Questo mercoledì, la Federal Reserve ha alzato i tassi d’interesse negli USA per la prima volta da tre anni e mezzo, portandoli al nuovo range dello 0,25-0,50% da 0-0,25%. Un aumento di un quarto di punto percentuale, che era stato ampiamente scontato dal mercato. Il governatore Jerome Powell ha fatto presente che l’inflazione americana resterà alta per tutta la prima metà dell’anno, iniziando a scendere successivamente. E ha anche prospettato un rialzo dei tassi più marcato nel caso in cui ve ne fosse bisogno.

Prima che la FED decidesse per la stretta monetaria, il mercato ne aveva previsti per quest’anno sette da 0,25% ciascuno.

Sempre la FED ha preannunciato un possibile dimagrimento del bilancio dell’istituto nei prossimi mesi, una mossa considerata alla stregua di un rialzo dei tassi. Significa che inizierà a vendere parte degli asset in portafoglio, saliti a più di 8.900 miliardi di dollari. Per tutta risposta, il Treasury a 10 anni è salito fino al 2,24%, ai massimi dalla primavera del 2019. Il Treasury a 30 anni ha superato il 2,53%, anche in questo caso ai massimi dall’estate 2019.

Rialzo tassi FED controcorrente

Eppure, la stretta monetaria appena avviata dall’America è tutt’altro che convincente. A febbraio, l’inflazione è salita al 7,9%, il dato più alto dal gennaio 1982. Parliamo di un’altra era per l’economia americana e la politica mondiale. Allora, però, i tassi FED si attestavano al 15%, cioè di sette punti percentuali sopra l’inflazione. Adesso, stanno circa sette punti e mezzo sotto. Per capire come sia possibile che Powell si prenda tutto questo tempo per portare i tassi d’interesse a un livello decente e tale da combattere l’inflazione, dovremmo guardare in casa nostra. La BCE tiene ancora i tassi di riferimento azzerati e negativi dello 0,5% sui depositi bancari.

Nel frattempo, la Cina taglia i suoi tassi per sostenere la seconda economia mondiale e il Giappone resta espansivo, dato che l’inflazione nipponica non decolla e resta ampiamente sotto il target.

In pratica, il rialzo dei tassi FED è persino controcorrente in una fase storica in cui le banche centrali fingono di non vedere a quali livelli siano saliti i tassi d’inflazione e si mostrano molto attenti semmai a sostenere le rispettive economie. Una conferma arriva dal cambio euro-dollaro, la principale coppia valutaria del pianeta: stabile in area 1,10, conferma che il mini-rialzo dei tassi FED sia considerato fair dal mercato.

D’altra parte, la BCE ha molto più lavoro da fare. Deve cessare ancora gli acquisti dei bond e avviare la stretta. Probabile che continui a prendere tempo blaterando di un’inflazione destinata a sgonfiarsi con il ripristino delle catene di produzione. La guerra ucraina non le consente di stringere mentre l’economia europea subisce rischi fortissimi sul piano della crescita. Tuttavia, questo significa che i prezzi delle materie prime potranno continuare a galoppare trasferendosi indisturbati sui prezzi al consumo. Se Powell ha appena dato un’aspirina a un malato di polmonite, Christine Lagarde sta rassicurando un paziente in condizioni simili che sia solo un raffreddore causato da un colpo d’aria e lo sta rispedendo a casa senza somministrargli nulla. Non finirà bene.

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