Il cambio euro-dollaro è risalito in area 1,04, apprezzandosi fino al 7% in tre settimane. Nelle stesse settimane, lo spread tra BTp e Bund sul tratto decennale della curva è sceso fino a un minimo di 182,50 punti. Stava sopra 255 punti un mese e mezzo fa. I due movimenti sono legati tra loro, sebbene a prima vista potrebbe non sembrare. E il dato che sta muovendo l’euro al rialzo e lo spread al ribasso è l’inflazione americana.

Verso stretta sui tassi FED meno intensa

Come sappiamo, i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono cresciuti del 7,7% annuale nel mese di ottobre, giù dall’8,2% di settembre.

E’ bastato un calo di mezzo punto per convincere il mercato che il peggio sia alle spalle e che la Federal Reserve alzerà i tassi d’interesse nei prossimi mesi con maggiore prudenza. E al di là delle parole di facciata del governatore Jerome Powell, pare che le cose stiano proprio così.

I verbali sull’ultima riunione della FED testimoniano un board diviso tra chi si mostra ancora preoccupato per l’alta inflazione e chi teme che la stretta monetaria rischi di soffocare economia e mercati. Tale dibattito suggerirebbe che il rialzo dei tassi FED proseguirà su un percorso più lento alle future riunioni del board.

Euro e spread mossi da FED

L’attesa di una stretta della FED vicina alla conclusione non fa che indebolire il dollaro, che perde il 6% da inizio mese contro le principali valute mondiali. L’euro sale ancora quasi esclusivamente per inerzia. Invece, lo spread scende sulla prospettiva di una stretta globale meno intensa. Infatti, tutto ciò che va nella direzione di mercati più liquidi favorisce l’acquisto di bond percepiti a rischio come i BTp.

In sintesi, stanno scendendo i rendimenti su tutti i mercati avanzati, Eurozona compresa. Il Bund a 10 anni è sceso in un mese dal 2,45% a un minimo di 1,85%.

Tuttavia, il calo dei rendimenti italiani risulta più marcato, per cui lo spread si restringe. E questo sta avvenendo in un contesto tutt’altro che facile. La BCE non solo continuerà ad alzare i tassi d’interesse, pur a un ritmo più lento, ma ha fatto presente che dall’anno prossimo avvierà la riduzione del suo bilancio. Smetterà di riacquistare i titoli in scadenza che possiede in portafoglio per mezzo del “quantitative easing”.

Rischio sovrano italiano si abbassa

Il cosiddetto “quantitative tightening” dovrebbe da un lato favorire l’euro, al contempo allargando gli spread. Esso accresce teoricamente i rischi a carico dei bond semi-periferici nell’area. Ma poiché a comandare sui mercati globali è la FED, è sufficiente che essa sia percepita un po’ meno restrittiva per il prossimo futuro per stimolare gli acquisti di BTp.

Inoltre, petrolio e gas restano cari, ma i rispettivi prezzi sono scesi dai massimi dei mesi passati. E ciò dovrebbe favorire la discesa dell’inflazione, sebbene per ammissione della BCE il dato “core” potrebbe continuare a salire. Infine, la manovra finanziaria del governo Meloni è stata tutt’altro che sgradita ai mercati. La prudenza fiscale l’ha fatta da padrona. Questo sta rassicurando sulla tenuta dei conti pubblici italiani. Non ci sono colpi di testa, anzi qualche colpo a sorpresa come la riduzione del taglio delle accise e la sforbiciata agli aumenti delle pensioni più alte. Il rischio sovrano è sceso ai minimi dal maggio scorso.

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