Niente più navigator. La legge di Bilancio per il 2022 non prevede il rinnovo dei loro contratti di lavoro, né l’istituzione di alcun fondo dedicato alla loro attività. E così, dopo meno di tre anni dalla previsione di questa figura, quelli che avrebbero dovuto “navigare” i percettori del reddito di cittadinanza a trovare un posto di lavoro, hanno perso il loro. Vanno a casa in 2.500.

I navigator sono stati oggetto di forti critiche sin da prima che iniziassero a svolgere il loro compito.

Anzitutto, l’allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, pensò bene di reclutare perlopiù neofiti alla loro prima esperienza professionale, anziché puntare su figure professionali con conoscenza consolidata del mercato del lavoro e dei territori di operatività. Al di là di questa nota, il fallimento era scritto nelle stelle.

Quando il governo “giallo-verde” approvò il reddito di cittadinanza tra le polemiche di tanti che ne ravvisarono la natura assistenziale, pensò bene di praticare il gioco delle tre carte per spegnere le critiche. Come? Fingendo che il sussidio mirasse a favorire l’inserimento dei percettori nel mondo del lavoro. La figura dei navigator sarebbe servita a far incontrare domanda e offerta nei singoli territori loro assegnati. A consuntivo, i dati ci dicono che meno di un percettore su sei effettivamente ha trovato lavoro dopo avere ottenuto il sussidio e non necessariamente grazie ai navigator. Di chi è la responsabilità di questo fallimento? Ed è stato realmente un fallimento?

Il flop dei navigator e chi li rimpiazza

I numeri si prestano ad opposte interpretazioni. In primis, moltissimi di coloro che prendono il reddito di cittadinanza o non sono occupabili, in quanto anziani o invalidi, o hanno scarse probabilità di trovare un lavoro nell’arco di pochi mesi o qualche anno. Si tratta perlopiù di persone con titolo di studio basso, non qualificate e con alle spalle scarse esperienze professionali, spesso disoccupati di lungo corso.

Pensate per caso che il problema della disoccupazione in Italia lo avrebbero dovuto risolvere i navigator? Se così fosse, avremmo potuto pensarci decenni prima.

Dal canto loro, i navigator si sono dati da fare con quei pochi strumenti e obiettivi assegnati. Hanno convocato centinaia di migliaia di percettori del reddito di cittadinanza per tenere colloqui e verificare i possibili percorsi professionali più idonei; hanno d’altra parte verificato la disponibilità delle aziende ad assumere profili che avevano firmato il patto per l’impiego; hanno svolto analisi sui territori affidati. Obiettivamente, erano stati assunti senza un vero piano per renderli utili. Prendersela con i navigator sarebbe semplicemente come replicare con l’ipocrisia all’ipocrisia di chi ne istituì la figura a suo tempo.

Al loro posto si occuperanno di guidare i sussidiati verso l’ingresso nel mondo del lavoro i Centri per l’impiego, coadiuvati da un centinaio di agenzie private con 2.500 filiali a disposizione sul territorio nazionale. Tra qualche anno, verificheremo dati alla mano che avranno ottenuto risultati molto simili a quelli che andranno a rimpiazzare nella lotta titanica alla disoccupazione cronica. Del resto, i vecchi uffici di collocamento sono una nostra conoscenza pluridecennale: hanno funzionato così male nella loro storia, che si è avvertita l’esigenza in passato di cambiare loro il nome. In molti casi, sono stati un bivacco per impiegati pubblici senza professionalità e messi lì a timbrare il cartellino. Insomma, i navigator hanno fallito e sono stati rimpiazzati da coloro che il fallimento ce l’hanno scritto in fronte. Auguri!

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