Nel mese di aprile il numero di beneficiari del reddito di cittadinanza risulta essere sceso sotto la soglia di 1 milione di unità, ai minimi dall’ottobre del 2020. Lo indicano i dati INPS, secondo cui hanno ricevuto il sussidio durante il mese scorso 956.817 famiglie per un totale di 2 milioni e 4.164 componenti. L’importo medio è stato di 571,11 euro. La spesa complessiva si è attestata a 546,44 milioni di euro, in calo di 50 milioni dai 596,05 milioni di marzo. Altro dato interessante riguarda il numero dei beneficiari costituito da famiglie di un solo componente: 446.372, il 46,65%.

Praticamente, quasi un percettore su due è single.

Alla luce della riforma prevista dal governo Meloni, queste cifre segnalano possibili grossi risparmi per lo stato. Infatti, il reddito di cittadinanza sarà rimpiazzato da due nuovi sussidi, previsti per coloro che hanno disabilità o figli minorenni a carico o abbiano almeno 60 anni di età da un lato e tutti gli altri dall’altro. Per questi ultimi l’aiuto dello stato sarà limitato nel tempo, nell’importo e condizionato alla frequenza di un corso di formazione professionale.

Risparmiati già 400 milioni

Tornando ai numeri di quest’anno, troviamo che da gennaio ad aprile lo stato ha speso meno di 2,4 miliardi di euro per il reddito di cittadinanza. Rispetto allo stesso periodo del 2022, i risparmi sfiorano i 400 milioni. A questo ritmo, nell’intero 2023 supererebbero il miliardo, al netto della riforma che scatterà dal prossimo mese di settembre. In altre parole, il solo fatto che il governo abbia paventato una stretta sull’erogazione del sussidio, avrebbe dissuaso numerose famiglie dal fare richiesta. Nei primi due mesi dell’anno, ad esempio, le domande sono crollate dei due terzi.

Chiamiamolo “effetto Meloni”, vale a dire la conseguenza di un cambio di paradigma nella politica assistenziale. Tra coloro che avranno rinunciato a presentare domanda ci sono possibilmente alcuni “furbetti”, vale a dire quanti sanno di non avere ufficialmente diritto al reddito di cittadinanza già con le attuali regole.

Trattasi di lavoratori in nero e/o evasori fiscali. Ma è probabile che in tanti avranno rinunciato, scoraggiati dalla prospettiva di vedersi revocato il sussidio tra pochi mesi, quando le nuove regole saranno più stringenti per i cosiddetti “non occupabili”. Infine, molti sono stati dissuasi dal Caf, in attesa di avere pronta la nuova legislazione in materia.

Reddito di cittadinanza, riforma legata al lavoro

Dunque, anche nel prossimo futuro a presentare domanda saranno con ogni probabilità i nuclei familiari più realmente bisognosi. L’annuncio della stretta è servito già a sfoltire la platea dei beneficiari da chi sa di poter andare a lavorare. Il reddito di cittadinanza, che in sé non è una misura né buona e né cattiva, è stato negli anni presentato come l’albero della cuccagna. L’impatto sul mercato del lavoro è stato negativo. Ci sono centinaia di migliaia di posizioni scoperte, specie in estate nei settori legati al turismo e all’intrattenimento. In questo dato c’è tutta la criticità delle scarse retribuzioni orarie, senza dubbio. Ma non sembra un caso che la minore propensione ad accettare lavori sia coincisa con l’introduzione del sussidio nel 2019.

Ridurre il numero dei beneficiari da solo non accrescerebbe i posti di lavoro, né risolverebbe il problema dei bassi stipendi. Per questo il governo sta puntando allo stesso tempo a rendere più appetibile il lavoro. Il taglio del cuneo fiscale e l’ulteriore sforbiciata alle aliquote IRPEF vanno in questa direzione. Sono stati anche allentati i paletti per i contratti a tempo determinato superiori ai 12 mesi. L’Italia ha un enorme problema di bassa occupazione, pur salita al 60,9%, record storico per il nostro Paese. Ma le percentuali restano lontanissime dalla media europea del 70% e al Sud crollano intorno al 45%.

E’ qui che si concentrano i due terzi dei percettori del reddito di cittadinanza. A conferma che lavoro e assistenzialismo corrono su due binari paralleli.

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