Lo spauracchio dell’inflazione si è materializzato dopo un’assenza pluriennale. Quando sembrava che almeno l’Occidente ne avrebbe fatto per sempre a meno quasi per magia, la perdita del potere di acquisto è tornato tema preponderante di tutte le agende politiche. La corsa dei prezzi al consumo non rallenta e resta ai massimi da 30-40 anni a questa parte presso tutte le economie avanzate. Ma vi siete chiesti solamente nell’ultimo mezzo secolo quale sia stata la perdita di valore del vostro denaro?

Quale perdita del potere di acquisto

Abbiamo cercato di rispondere a questa semplice domanda.

La risposta vi offrirà una panoramica più ampia circa gli squilibri che nel frattempo si sono verificati sul mercato dei cambi. In Italia, 1.000 euro nel 1972 (quasi 2 milioni delle vecchie lire) oggi valgono 17.848 euro. In questo mezzo secolo, il tasso medio d’inflazione è stato da noi del 5,9%. In altre parole, dovremmo moltiplicare per quasi 18 la cifra che tenevamo in portafoglio nel 1972 per capire a quanto corrisponderebbe oggi.

In Germania, dove l’inflazione media nel periodo è stata del 2,4%, di euro oggi ne avremmo bisogno “solo” 3.290 a fronte dei 1.000 del 1972. In Francia, servirebbero circa 6.920 euro contro i 1.000 di 50 anni fa. L’inflazione qui è stata mediamente del 3,9% all’anno, un tasso quasi perfettamente uguale al 4% degli USA, dove 1.000 dollari nel 1972 equivalgono a 7.090 dollari di oggi. Infine, il Regno Unito: 1.000 sterline di 50 anni fa corrispondono a 14.666 sterline odierne. L’inflazione britannica è stata mediamente del 5,5%, di poco inferiore alla media italiana.

L’impatto dell’inflazione sui cambi

Se siete scioccati del diverso impatto che la perdita del potere di acquisto ha avuto sul valore del denaro in ciascun paese, resterete ancora più a bocca aperta quando vi faremo notare le implicazioni sui tassi di cambio. Partiamo dal caso più semplice: dollaro contro sterlina. Nel 1972, servivano 2,50 sterline per 1 dollaro. Dato il differenziale d’inflazione tra Regno Unito e USA, il dollaro in questo mezzo secolo si sarebbe dovuto apprezzare del 110%, con il cambio a scendere poco sotto 1,20.

Attualmente, il cambio sta di poco sopra 1,20. Diremmo che l’evoluzione abbia rispecchiato i fondamentali.

Discorso più complicato per Germania, Italia e Francia. Questi paesi non hanno più le rispettive monete nazionali sin dal 1999. Adottano l’euro, per cui la situazione è diventata meno lineare con gli anni. Per 1 dollaro nell’estate del 1972 servivano 3,16 marchi tedeschi. Essendo stata l’inflazione tedesca in media dell’1,6% all’anno più bassa di quella americana, il marco avrebbe dovuto guadagnare il 120% contro la divisa verde.

Dal marco alla lira, cosa accade in 50 anni

Dunque, il tasso di cambio oggi sarebbe dovuto essere inferiore a 1,45 marchi per 1 dollaro. Poiché 1 marco tedesco equivale dall’1 gennaio 1999 a 0,52 euro, il tasso di cambio che oggi dovrebbe avere la Germania sarebbe circa di 1,34 euro contro il dollaro. Invece, in queste settimane siamo scesi, addirittura, sulla parità di 1 euro per 1 dollaro. Dunque, l’euro-marco risulta svalutato di quasi un terzo terzo.

Quanto all’Italia, il cambio tra lira e dollaro era di 581 nell’estate del 1972. Sulla base dei tassi d’inflazione, il dollaro avrebbe dovuto guadagnare il 156% in questo mezzo secolo. Dunque, il cambio odierno sarebbe dovuto essere sui 1.490 lire, pari a 0,77 euro. Invece, oggi abbiamo un cambio sottovalutato per i nostri fondamentali di quasi il 30%. Infatti, al momento 1 dollaro compra oltre 1.900 euro-lire. Il nostro cambio ideale sarebbe stato di 1,30.

Infine, la Francia. Inflazione quasi identica a quella americana. Il cambio tra il vecchio franco e il dollaro sarebbe dovuto rimanere sostanzialmente inalterato. Era di 5 franchi contro 1 dollaro nell’estate del 1972, equivalenti agli attuali 0,76 centesimi di euro. Grosso modo, oggi la Francia dovrebbe avere un cambio di 1,40 (più forte della Germania?), mentre se ne ritrova uno più debole quasi esattamente come l’Italia e Germania.

Dollaro troppo forte

Cosa evinciamo da questi numeri? La perdita di potere di acquisto è stata alta ovunque, ma particolarmente in Italia e Regno Unito e molto meno in Germania. Ciò ha svalutato tantissimo il denaro in lire e sterline. I tassi di cambio si sarebbero dovuti evolvere di conseguenza. E ciò è sostanzialmente avvenuto per la sterlina contro il dollaro, non per le monete facenti parti dell’euro. Francia, Germania e persino Italia si ritrovano oggi una moneta più debole di quanto sarebbe dovuta essere sulla base dei fondamentali. Per tutte il cambio equo dovrebbe attestarsi in area 1,30-1,40.

In realtà, il discorso sarebbe più complesso. Abbiamo preso come riferimento il 1972, ma nessuno ci garantisce che quell’anno i tassi di cambio fossero in linea con i fondamentali. Anzi, uscivano da un quarto di secolo di Bretton Woods, che li aveva tenuti fissi contro il dollaro. Successivamente, a differenza di quanto pensiamo, non si mossero sulla base di logiche di mercato. Già a fine anni Settanta debuttava lo SME, un sistema monetario che limitava le fluttuazioni dei cambi. E dopo ancora arrivò l’euro. In altre parole, guardando al solo dato dell’inflazione cumulata il dollaro oggi risulterebbe eccessivamente apprezzato contro le economie principali dell’Eurozona.

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