L’idea che i robot e l’intelligenza artificiale avrebbero eliminato una gran percentuale di lavori e professioni sembra ormai cadere. I fatti dimostrano che molte professioni, spesso quelle meno specializzate e ripetitive, saranno presumibilmente sostituite nel corso degli anni dall’Ai ma per tutte le altre la mano umana resterà una prerogativa. 

Il ruolo dell’Ai

Mentre per alcune professioni come il casellante, l’autista di metropolitana, gli operai delle catene di montaggio e altri lavori simili i robot potranno davvero prendere il sopravvento per la maggior parte dei lavori questi svolgeranno solo una parte senza sostituire però l’operato dell’uomo.

 

Interessante, a tal proposito, è un’analisi di Esquire sulla disoccupazione legata in qualche modo all’avvento dell’Ai e la possibilità di lavorare meno per lavorare tutti. Quello che appare chiaro, sempre restando sul tema dei robot e dell’impatto che questi avranno sulle professioni, è che la disoccupazione potrebbe aumentare per quei lavori a bassa specializzazione, oggi svolti da migliaia di persone appunto.

Lavorare meno, lavorare tutti

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di lavorare meno per lavorare tutti, una soluzione che ben si adatta all’ormai ben noto dilemma sulla produttività nel lavoro e la riduzione dell’orario. 

Negli ultimi anni mentre la produttività è aumentata del 254,3% i compensi sono praticamente rimasti gli stessi dagli anni ‘70 con una crescita che si può definire obsoleta rispetto ai tempi che cambiano. La ricchezza, è ormai risaputo, è sempre di più in mano all’1% dei più ricchi della popolazione con tutte le conseguenze negative del caso (ne abbiamo parlato in vari articoli come Lavoro e intelligenza artificiale: come i robot decideranno chi assumere in azienda.)

L’idea di ridurre le ore lavorate mantenendo gli stessi stipendi potrebbe portare a dei vantaggi veri. Da un lato regalare più ore di tempo libero ai lavoratori.

In base a molte ricerche sul mercato del lavoro, infatti, tra le priorità dei dipendenti c’è il work life balance ossia la possibilità di mantenere un equilibrio tra vita privata e lavoro. Dall’altro lato mettere un freno alla crescente automazione, che in futuro potrebbe voler dire la necessità di mettere in campo delle misure dai costi incerti.

Nel Regno Unito, come scrive Esquire, stanno aumentando le imprese pronte a ridurre il numero di giorni lavorati senza tagli allo stipendio e il partito laburista, in caso di elezione, sarebbe addirittura pronto ad dar vita ad una settimana lavorativa di 32 ore.

Resta il dubbio se 32 ore significhi lavorare per 4 giorni a settimana con un weekend più lungo o 6,4 ore al giorno, una variabile che dipende anche dal tipo di lavoro. Recenti studi hanno comunque confermato che ridurre l’orario voglia dire anche aumentare la produttività, un dato che andrebbe davvero considerato insieme all’idea che si lavora per vivere e non per lavorare.

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